17 dicembre 2006

LE FESTE ROMANE: LA BEFANA

Iniziamo a parlare delle feste romane, sia di quelle ancora in vigore che di quelle oramai sparite, magari soppiantate da altri festeggiamenti forse meno popolari ma più redditizi economicamente. Omettiamo di parlare dei mille presepi che, in questo periodo, vengono allestiti nelle chiese romane (il più famoso della tradizione romana era quello di Santa Maria dell'Ara Coeli, mentre ora si possono visitare quelli presso la chiesa di Santa Maria in Via, dietro Via del Corso, e l'esposizione fissa di presepi, provenienti da tutto il mondo, in Piazza del Popolo, presso la Chiesta di Santa Maria del Popolo).
Ovviamente, essendo l’inizio dell’anno, non si può non iniziare che dalla festa della Befana (storpiatura del termine Epifania, derivante dal greco Epì fanèia = manifestazione : Epifania – Pìfania – Beffanìa - Befanìa – Befana).
Questa festa, di origine pagana, forse una delle più sentite a Roma, ricordava nel calendario della Chiesa d’Oriente la natività di Cristo e raffigura la “manifestazione” del Verbo che si è incarnato in Gesù. In seguito la data della nascita di Cristo venne stabilita, per editto papale, al 25 dicembre ma, soprattutto a Roma (tradizione oramai persa), ci si continuò a scambiare i doni il giorno della Befana e non la notte di Natale, proprio in ricordo dell'arrivo dei Re Magi.
La storpiatura del termine ha, con il passare degli anni, portato alla personificazione del personaggio della Befana ed il significato stesso della festa cristiana si fonde con elementi folcloristici. L’iconografia del personaggio è ormai ben definita: una vecchina brutta e sciatta, con un gran naso ed un gran mento (a Roma “'a scucchia”) vestita di un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.


La Befana

La Befana, una figura a metà tra una strega ed una portatrice di doni, era "invocata" dalle mamme (al pari dell'Uomo Nero, del Gatto Mammone, dell'Orco, e del Lupo cattivo) per tenere quieti i bambini, visto che con il suo aspetto trasandato era proprio spaventevole ma, come si sa, le cose brutte e spaventevoli attirano di più e, proprio per questo, alcuni uomini (i cosiddetti Befanari) davanti le bancarelle con i dolciumi, si mascheravano da Befana e facevano smorfie e versi ai bambini per spaventarli: i bambini però, incuriositi dall'aspetto truce della Befana ed attirati dai dolci, si riavvicinavano dopo pochi istanti al bancone e ricevevano dal Befanaro la calzetta piena di frutta secca, arance, mandarini, mostaccioli e torroni.

Una stampa del Pinelli che raffigura la Befana

La tradizione vuole che la Befana (da molti bambini considerata la “moglie” di Babbo Natale - ma una volta considerata dal popolino la personificazione della moglie del vecchio anno, ormai passato, vecchio), nel corso dell’anno fabbrichi giocattoli per i bimbi buoni, mentre a quelli cattivi e disubbidienti spettano cenere e carbone. Nel suo lavoro può essere aiutata dai Befanini ed il loro comune domicilio è “stabilito”, sempre secondo tradizione, in Via della Padella, al numero 2.
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa e con un sacco colmo di giocattoli e dolciumi (tra cui il famoso carbone dolce: dei veri e propri tocchi di zucchero nero), passa sopra i tetti e, calandosi dai camini, riempie le calze lasciate appese dai bambini sulla cappa della cucina (che sta proprio ad indicare il focolare, segno di buon auspicio, abbondanza e felicità). I bimbi, da parte loro, dovranno lasciare per la vecchia, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino (in tempi più moderni ci si può concedere una fetta di panettone o un tocchetto di torrone).
Il mattino successivo, insieme ai regali, i bimbi troveranno le bucce dell’arancia o del mandarino e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto, segno che la vecchina è veramente passata a lasciare i doni. Chi di noi, da piccolo, non ha tentato di resistere al sonno per cercare di sbirciare dal buco della serratura della porta della cucina, se la Befana sarebbe veramente venuta a portarci doni o carbone? Ovviamente tutto ciò costringeva i nostri genitori ad alzarsi nel pieno della notte per sistemare i dolci nelle calze ed i giochi sulla macchina del gas e sul tavolo.



Fino alla fine dell’800 la festa della Befana si è tenuta in Piazza Sant’Eustachio, per poi passare a Piazza Navona a causa delle migliaia di popolani recantisi, ogni anno di più, alle tradizionali baracche e bancarelle nelle quali, fino ad una trentina d’anni fa, campeggiavano splendidi presepi artigianali, marionette, burattini e dolciumi di ogni tipo.


Panoramica di Piazza Navona con le bancarelle della Befana (dall'inizio di dicembre al 6 gennaio)



Ora il tutto è purtroppo, ma inevitabilmente, virato verso il commerciale e vi si trovano oggetti facilmente reperibili anche nei supermercati. Un classico è però la mela stregata: una mela ricoperta di zucchero caramellato rosso fuoco, sul quale migliaia di ragazzini, romani e non, hanno lasciato i loro primi denti da latte.


La mela stregata

Qualche anno fa la ricorrenza festiva della Befana venne addirittura abolita ma molte petizioni, di grandi e piccini, effettuate anche attraverso alcuni giornali a tiratura nazionale, costrinsero i governanti a ripristinarla dopo poco tempo.
Qui sotto inserisco la poesia che mio padre (un po’ di orgoglio filiale ogni tanto ci vuole) scrisse al Messaggero, che la pubblicò insieme a molte altre.

PRO BEFANA

Proteste tante, forti so' li strilli
Pe’ quello sbajo fatto da li granni
Che, ’ncitrulliti e carichi d’affanni,
Levòrno la Befana da ‘mbecilli.

Ma de botto, così, senz’avvertilli,
A ‘sti pori ragazzi, co’ l’inganni,
J’avrebbero fregato ppe' tant’anni
Er di’ de li balocchi e li gingilli.

Sai che te dico, serio, senza boria:
Nun se ponno tocca le tradizioni
Che der popolo nostro so’ la storia!

Allora su’, famo ‘na cosa strana,
Strillamo: "Forza, nun famo li cojoni!
A ‘sti fiji ridamo la Befana!"

Roma,15 gennaio 1982


Ed ecco, secondo il Belli, l' "evoluzione" della Pasqua Bbefania... (a Roma molte feste religiose venivano definite "Pasqua").


LA NOTTE DE PASQUA BBEFANIA
Questa poesia è un delicatissimo dialogo tra una madre ed il figlio che non vuole dormire impaziente per l'arrivo della Befana.

Mamma! Mamma - "Dormite" - Io nun ho sonno
"Fate dormì chi ll'ha, ssor demonietto".
Mamma, me vojj'arzà - "Ggiù, stàmo a lletto".
Nun ce posso stà ppiù; cqui mme sprofònno.

"Io nun ve vesto". - E io mò cchiamo nonno. -
"Ma nun è ggiorno" - E cche m'avèvio detto
che cciammancava poco? Ebbè? vv'aspetto? -
"Auffa li meloni e nnu li vònno!"

Mamma, guardat'un po' ssi cce se vede?
"Ma tte dico cch'è nnotte". - Ajo! - "Ch'è stato?"
Oh ddio mio!, m'ha ppijjato un granchio a un piede. -

"Via, statte zitto, mò attizzo er lumino." -
Si, eppoi vedete un po' cche mm'ha pportato
la bbefania a la cappa der cammino.


Inizia il dialogo tra figlio e madre.
Invocazione della madre
"Mi sento sprofondare"

"Io non vi rivesto" - "e io chiamo nonno"
"E' ancora notte" - "Ma mi avevate detto
che era quasi giorno".
Era il grido dei venditori nei mercati:
"E'
quasi gratis e nessuno vuole comprare"

"Mamma guardate se fuori è ancora notte".

"Si è ancora buio".
"Ahi"
"Cosa è successo"

"Mi è preso un crampo".

"Zitto, altrimenti accendo il lume".
"Si, e poi vedi se la befana mi ha lasciato
la calza attaccata alla cappa del camino".




LA MATINA DE PASQUA BBEFANIA
Ber vede è da per tutto sti fonghetti
sti mammocci, sti furbi sciumachelli,
fra 'na bbattajjeria de ggiucarelli
zompettà come spiriti folletti!

Arlecchini, trommette, purcinelli,
cavallucci, ssediole, sciufoletti,
carrettini, cuccù, schioppi, coccetti,

sciabbole, bbarrettoni, tammurelli...


Questo porta la cotta e la sottana,
quello è vvistito in càmiscio e ppianeta,
e cquel'antro è uffizzial de la bbefana.

E intanto, o pprete, o cchirico, o uffizziale,
la robba dorce je tira le deta;
e mmamma strilla che ffinisce male.


Vezzeggiativi usati per descrivere i bambini
questi marmocchi, questi furbetti,in mezzo a tanti giocattoli
zompettare felici come folletti.

Arlecchini, trombette, pulcinetti
cavallucci, seggioline, ciufoletti (flauti),
cuccù = scatole con dentro pupazzi a molla
spade finte, cappelloni, tamburelli...

Andavano in giro mascherati,
anche come
fossero piccoli preti
o con dei camicioni


Intanto, qualunque sia il travestimento,
tutti sono attirati dai dolciumi
mentre le mamme cercano di limitarli.

05 dicembre 2006

CUCINA ROMANESCA: CARCIOFI ALLA GIUDIA

E' un piatto tipico della tradizione ebraico-romanesca, di facile realizzazione e di grande gusto (tra l'altro è divertente gustare, ad uno ad uno, i petali del carciofo).



Si prende un bel carciofo romanesco a persona (essendo golosi anche due :-D) e si monda il gambo (lasciandone solo il cuore lungo circa 8-10 centimetri) togliendo anche il primo strato di petali (al limite i primi due, se il carciofo risultasse ancora duro) e ne si tagliano le punte di circa un centimetro (ma a me piace lasciarli interi, per avere un aspetto "scenografico" migliore).


I carciofi con i gambi mondati
(è bene tagliare anche la punta dei petali, che può risoltare dura e spinosa)


Mentre si puliscono gli altri carciofi quelli mondati si mettono a bagno in una bacinella o direttamente nel lavandino, dopo aver spremuto nell'acqua almeno un limone (per non farli annerire). Si asciugano poi i carciofi e, afferrandoli per il gambo, si "battono" leggermente su un piano per farli aprire leggermente, così da facilitarne la cottura anche all'interno.
Dopo aver spolverato l'interno del carciofo con un pizzico di sale, si immergono, uno alla volta, nell'olio (per me rigorosamente extravergine di oliva) bollente (circa un litro) messo in un pentolino largo almeno 20 centimetri ed alto una trentina.



Mi raccomando: il pentolino deve essere capiente perchè il carciofo si "aprirà" come un fiore

La frittura deve durare dai 10 ai 15 minuti (a seconda della grandezza del carciofo).
Quando il carciofo comincia ad indorarsi ed ad "aprirsi" come un girasole, schizzare qualche goccia d'acqua fredda nell'olio: questo renderà ancora più croccanti i petali. Si mettono poi i carciofi a scolare su carta assorbente e si "condiscono" con un pizzico di sale e, volendo, di pepe.



BUON APPETITO e, mi raccomando,................ LECCATEVI LE DITA
:-D

08 novembre 2006

UN TUFFO NEL PASSATO: I FORI

Sabato 28 ottobre, la giornata che più di ogni altra quest’anno ha dimostrato al mondo cosa siano le “ottobrate romane”, visto che la temperatura era sui 28 gradi e, anche all’ombra, si stava meglio che a fine giugno, ci siamo andati a fare una bella passeggiata per ROMA (scritto rigorosamente maiuscolo visto che per ROMA intendo il Foro Romano).
Abbiamo posteggiato a Monte Caprino e dopo aver visitato la splendida Chiesa di Santa Maria della Consolazione siamo entrati nel Foro Romano tra la Basilica Giulia e il Tempio di Saturno, proprio davanti l’Arco di Settimio Severo e la Curia. Il colpo d’occhio è meraviglioso, riporta indietro di 2.000 anni e si respira un’aria diversa che in tutto il resto della città. Nel raggio di poche decine di metri si possono ammirare monumenti di almeno 4 “Rome” diverse:




i resti (alcuni anche splendidamente conservati, come l’Arco di Settimio Severo) dei monumenti di 2.000 anni fa, i palazzi medievali su cui sorge il Campidoglio o, la Torre delle Milizie, la Chiesa di Santa Martina (del XIII° secolo), e il novecentesco Altare della Patria. Ma bando alle ciance, ci vorrebbero anni per parlare dei Fori Romani, questa volta…… SOLO FOTOGRAFIE !!!
(Per notizie sui monumenti delle foto, cliccate sul nome nelle didascalie e verrete reindirizzati al sito www.Romasegreta.it ).



"Sacro" e... "profano"









Cinque "interni" di Santa Maria della Consolazione


Verso il Foro Romano...


L'Arco di Settimio Severo e la Chiesa di Santa Martina





Tre splendidi particolari dell'Arco di Settimio Severo


Il Tempio di Vesta e, sulla destra, quello di Castore e Polluce



Il Colosseo visto dalla Via Sacra


La Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami e la sottostante entrata al Carcere Mamertino, dove furono imprigionati San Pietro e San Paolo


Particolare della Chiesa di Santa Maria di Loreto al Foro Traiano


La cima della cupola della Chiesa di Santa Maria di Loreto e quella della Colonna Traiana


La cupola della Chiesa di Santa Maria di Loreto da... una finestra particolare


La (pendente) Torre delle Milizie emerge dai pini di Roma


Il tempio di Antonino e Faustina


Panoramica di Via dei Fori Imperiali


Panoramica del Foro Romano


Una disegnatrice sul basamento della statua di Giordano Bruno a Campo de' Fiori


La meravigliosa e minuscola chiesa di Santa Barbara a Largo dei Librari


L'altra istituzione di Largo de' Librari: ER FILETTARO!!!


E, per finire, una bella panoramica sul Teatro di Marcello

24 ottobre 2006

CASTEL SANT'ANGELO E IL PASSETTO DI BORGO

Una cosa che a me e Claudia piace tantissimo fare è passeggiare per Roma andando alla scoperta della nostra città, che è sempre sotto i nostri occhi ma che troppo spesso non "guardiamo", alla ricerca di angoletti nascosti, scorci caratteristici, vedute suggestive e curiosità. In particolare lei ama fotografare balconi fioriti e lampioni, mentre io sono più per le panoramiche, i particolari artistici ed architettonici e le cose curiose (anche se non disdegno di fotografare balconi, lampioni - se ne trovano dei più strani - e icone votive, le cosiddette “Madonnelle”). Mi piacciono anche le fontane e fontanelle che adornano ogni angolo di Roma.
Con questo post, in particolare, voglio iniziare a farvi conoscere (a chi non è di Roma o a chi, pur essendo romano ma troppo spesso, complice la fretta e la disattenzione, non vede troppe cose che, invece, sono proprio davanti agli occhi) alcuni luoghi poco conosciuti (o magari conosciutissimi ma, proprio per questo, stranamente, non frequentati) della Città Eterna.
In particolare l’ultima nostra uscita è stata una splendida “notturna” a Castel Sant’Angelo in una calda notte di mezza estate (senza un filo d’aria).



I Bastioni di Castel Sant'Angelo visti dall'inizio del Passetto

Comincio da Castel Sant'Angelo perchè è uno dei luoghi forse più sottovalutati di Roma: da qui si gode una meravigliosa panoramica a 360° su Roma (dalla vicinissima Piazza San Pietro con Via della Conciliazione - sorta nel 1937 al posto della "spina di borgo", un vero e proprio quartiere raso al suolo proprio per permettere la costruzione dell'arteria che collega Piazza San Pietro a Castel Sant'Angelo ed al Lungotevere -, fino ad arrivare al Vittoriano ed al Campidoglio, al fontanone dell'Acqua Paola al Gianicolo, ed al complesso del Foro Italico).


La basilica di San Pietro e Via della Conciliazione visti dalla Terrazza dell'Angelo a Castel Sant'Angelo



QUESTE NON SONO MIE :-) Vista dalla cupola della Basilica: Piazza San Pietro con la Spina di Borgo prima della costruzione di Via della Conciliazione (foto del 1929) e vista recente


Lavori di demolizione della Spina di Borgo nel 1936


Nell'acquerello di Ettore Roesler Franz il campanile di Santa Maria della Transpontina (le case a sinistra sono state rase al suolo mentre il campanile è ancora lì, inglobato nelle costruzioni di Via della Conciliazione)


Il complesso del Vittoriano ed il campanile del Campidoglio svettano su un mare di cupole.

La Fontana dell'Acqua Paola (meglio conosciuta dai romani come "Er Fontanone") in Via Garibaldi, al Gianicolo

Questa è, in breve, la storia di Castel Sant’Angelo (già Mole Adriana): la struttura originaria della fortezza e l'antistante Ponte Elio, oggi chiamato Ponte Sant’Angelo, vennero costruiti dall'architetto Demetriano fra il 117 ed il 138 d.C. come mausoleo per la famiglia dell'imperatore Adriano.


Ponte Sant'Angelo visto dai bastioni

L'edificio nel 271, con l'aggiunta dei bastioni difensivi, viene trasformato in avamposto delle Mura Aureliane, sulla riva destra del Tevere. Alte circa 10 metri, le mura del Passetto hanno l'aspetto caratteristico delle antiche mura urbane di protezione. L'origine del Passetto risale alla metà del VI secolo, quando Totila, il re ostrogoto che conquistò Roma e gran parte del territorio italico, fece costruire un primo muro difensivo. Di questa prima struttura muraria oggi rimane solo qualche frammento. Nella prima metà del VII° secolo papa Leone III° lo rinforzò ma, mentre nell'846, quando Roma subì l'assedio dei Saraceni, la città era ancora protetta dalle solide Mura Aureliane (edificate nel III° secolo), il Vaticano ed altre aree situate fuori da questa cinta muraria furono facilmente saccheggiate. Il tesoro di San Pietro subì tale sorte, e la stessa tomba dell'apostolo Pietro fu profanata. Alla metà del IX° secolo papa Leone IV° trasformò il Vaticano in una cittadella fortificata, facendo erigere un'intera cinta muraria che si estendeva per 3 chilometri e con ben 44 torri; l'attuale Passetto ne era solo un segmento, visto che tale cinta muraria girava tutt'intorno al colle Vaticano a protezione dell'originaria basilica. Nel 1277 Castel Sant'Angelo e la sua cinta muraria divengono di fatto proprietà dello Stato della Chiesa, che ne determina la completa e definitiva trasformazione in fortezza-prigione; sulla parte superiore del muro venne realizzato un camminamento all'aperto, che prenderà appunto il nome di "Passetto". Una curiosità del Passetto è che ancora oggi passa, in alcuni tratti, a non più di 7-8 metri da finestre, solai ed abbaini delle vicine abitazioni. L'opera fu completata nel 1492 sotto papa Alessandro VI°. Il Passetto raggiunse il massimo della sua importanza nel 1527 quando consentì a papa Clemente VII° di fuggire dai suoi appartamenti in Vaticano per raggiungere il più sicuro castello, poichè Roma cadde sotto i Lanzichenecchi, le truppe mercenarie dell'imperatore Carlo V° che per circa un anno invasero la città e che erano state inviate per ritorsione, essendo il pontefice venuto meno alla parola data di formare un'alleanza contro il re francese Francesco I°.

Nel XVI° secolo papa Pio IV° estese i confini urbani del Vaticano facendo erigere un secondo muro praticamente parallelo al Passetto, circa 100 metri più a nord: l'originario Passetto perse la sua funzione difensiva originale. Il nome originario del Passetto fu "Corridore di Borgo" poichè attraversando Borgo per la sua intera lunghezza, divideva il rione di origine medievale in due parti: il nucleo originale, rinominato Borgo Vecchio, e Borgo Nuovo compreso tra il muro nuovo e quello preesistente. Nelle mura del Passetto furono aperti diversi passaggi, così da permettere la libera comunicazione delle due parti del rione; sopra ciascuno di essi il papa fece collocare il proprio stemma. Attorno al 1630 papa Urbano VIII° fece aggiungere al camminamento una copertura, trasformandolo in un passaggio coperto.
Anche il Belli, dedicò un sonetto al Passetto di Borgo nel 1845:

ER PASSETTO DE CASTEL SANT'ANGIOLO
Lo vòi sapé ch'edè quer corritore
Che, cuperto qua e là da un tettarello,
Da San Pietro va giù ssin a Castello
Dove tira a le vorte aria mijore?

Mo tte lo dico in du' battute: quello
Lo tie pper uso suo Nostro Siggnore,
Si mai per quarche ppicca o bell'umore
Je criccassi de fà a nisconnarello.

Drent'a Castello pò giucà a bon gioco
Er Zanto-padre, si je fanno spalla
Uno pe pparte er cantiggnere e er coco.

E sotto la banniera bianca e gialla
Pò dà commidamente da quer loco
Binedizzione e cannonate a ppalla.

G. G. Belli, 17 dicembre 1845

Solo nel 1949 il tetto fu rimosso, ripristinando l'originaria merlatura. Per tornare a Castel Sant'Angelo il suo nome deriverebbe da un'apparizione miracolosa durante la peste del 590; secondo la tradizione, papa Gregorio Magno, durante una processione, avrebbe avuto la visione di un'angelo che rinfoderava la spada ed avrebbe interpretato quel gesto come l'annuncio della fine della pestilenza nell'urbe. A memoria dell'evento, sul vertice della Mole Adriana, venne posta una statua in legno, in seguito sostituita da più versioni in marmo e da una in bronzo, poi fusa nel 1527 per forgiare cannoni; la statua attuale, la sesta, si deve all'opera dell'artista Werschaffelt e risale al 1753.




Due suggestive "visuali" del Passetto: Castel Sant'Angelo e la basilica di San Pietro

Statua dell'Angelo

L'interno dell'edificio, oggi visitabile e convertito in Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo, comprende, oltre a una interessante collezione di armi antiche, i fastosi appartamenti papali ornati da stucchi, fregi, affreschi, arazzi e ceramiche), è composto di cinque piani ed ingloba oltre a numerosi ambienti di epoca romana anche diverse sale affrescate di progetto rinascimentale. Dalla terrazza, resa celebre dalle melodie della Tosca musicata da Puccini (qui Cavaradossi dà il proprio struggente addio alla vita e Tosca lo segue nel suo mortale destino gettandosi dai bastioni), si gode lo splendido panorama a 360° su Roma. Per quanto riguarda il Passetto, per molti anni il percosto sopraelevato è rimasto chiuso al pubblico, essendo molte sue parti oramai instabili ed insicure. Per il giubileo del 2000 sono stati eseguiti molti e laboriosi lavori di restauro ed il Passetto è stato riaperto alle visite.


L'ennesima veduta della cupola di San Pietro dalla Terrazza dell'Angelo