24 ottobre 2006

CASTEL SANT'ANGELO E IL PASSETTO DI BORGO

Una cosa che a me e Claudia piace tantissimo fare è passeggiare per Roma andando alla scoperta della nostra città, che è sempre sotto i nostri occhi ma che troppo spesso non "guardiamo", alla ricerca di angoletti nascosti, scorci caratteristici, vedute suggestive e curiosità. In particolare lei ama fotografare balconi fioriti e lampioni, mentre io sono più per le panoramiche, i particolari artistici ed architettonici e le cose curiose (anche se non disdegno di fotografare balconi, lampioni - se ne trovano dei più strani - e icone votive, le cosiddette “Madonnelle”). Mi piacciono anche le fontane e fontanelle che adornano ogni angolo di Roma.
Con questo post, in particolare, voglio iniziare a farvi conoscere (a chi non è di Roma o a chi, pur essendo romano ma troppo spesso, complice la fretta e la disattenzione, non vede troppe cose che, invece, sono proprio davanti agli occhi) alcuni luoghi poco conosciuti (o magari conosciutissimi ma, proprio per questo, stranamente, non frequentati) della Città Eterna.
In particolare l’ultima nostra uscita è stata una splendida “notturna” a Castel Sant’Angelo in una calda notte di mezza estate (senza un filo d’aria).



I Bastioni di Castel Sant'Angelo visti dall'inizio del Passetto

Comincio da Castel Sant'Angelo perchè è uno dei luoghi forse più sottovalutati di Roma: da qui si gode una meravigliosa panoramica a 360° su Roma (dalla vicinissima Piazza San Pietro con Via della Conciliazione - sorta nel 1937 al posto della "spina di borgo", un vero e proprio quartiere raso al suolo proprio per permettere la costruzione dell'arteria che collega Piazza San Pietro a Castel Sant'Angelo ed al Lungotevere -, fino ad arrivare al Vittoriano ed al Campidoglio, al fontanone dell'Acqua Paola al Gianicolo, ed al complesso del Foro Italico).


La basilica di San Pietro e Via della Conciliazione visti dalla Terrazza dell'Angelo a Castel Sant'Angelo



QUESTE NON SONO MIE :-) Vista dalla cupola della Basilica: Piazza San Pietro con la Spina di Borgo prima della costruzione di Via della Conciliazione (foto del 1929) e vista recente


Lavori di demolizione della Spina di Borgo nel 1936


Nell'acquerello di Ettore Roesler Franz il campanile di Santa Maria della Transpontina (le case a sinistra sono state rase al suolo mentre il campanile è ancora lì, inglobato nelle costruzioni di Via della Conciliazione)


Il complesso del Vittoriano ed il campanile del Campidoglio svettano su un mare di cupole.

La Fontana dell'Acqua Paola (meglio conosciuta dai romani come "Er Fontanone") in Via Garibaldi, al Gianicolo

Questa è, in breve, la storia di Castel Sant’Angelo (già Mole Adriana): la struttura originaria della fortezza e l'antistante Ponte Elio, oggi chiamato Ponte Sant’Angelo, vennero costruiti dall'architetto Demetriano fra il 117 ed il 138 d.C. come mausoleo per la famiglia dell'imperatore Adriano.


Ponte Sant'Angelo visto dai bastioni

L'edificio nel 271, con l'aggiunta dei bastioni difensivi, viene trasformato in avamposto delle Mura Aureliane, sulla riva destra del Tevere. Alte circa 10 metri, le mura del Passetto hanno l'aspetto caratteristico delle antiche mura urbane di protezione. L'origine del Passetto risale alla metà del VI secolo, quando Totila, il re ostrogoto che conquistò Roma e gran parte del territorio italico, fece costruire un primo muro difensivo. Di questa prima struttura muraria oggi rimane solo qualche frammento. Nella prima metà del VII° secolo papa Leone III° lo rinforzò ma, mentre nell'846, quando Roma subì l'assedio dei Saraceni, la città era ancora protetta dalle solide Mura Aureliane (edificate nel III° secolo), il Vaticano ed altre aree situate fuori da questa cinta muraria furono facilmente saccheggiate. Il tesoro di San Pietro subì tale sorte, e la stessa tomba dell'apostolo Pietro fu profanata. Alla metà del IX° secolo papa Leone IV° trasformò il Vaticano in una cittadella fortificata, facendo erigere un'intera cinta muraria che si estendeva per 3 chilometri e con ben 44 torri; l'attuale Passetto ne era solo un segmento, visto che tale cinta muraria girava tutt'intorno al colle Vaticano a protezione dell'originaria basilica. Nel 1277 Castel Sant'Angelo e la sua cinta muraria divengono di fatto proprietà dello Stato della Chiesa, che ne determina la completa e definitiva trasformazione in fortezza-prigione; sulla parte superiore del muro venne realizzato un camminamento all'aperto, che prenderà appunto il nome di "Passetto". Una curiosità del Passetto è che ancora oggi passa, in alcuni tratti, a non più di 7-8 metri da finestre, solai ed abbaini delle vicine abitazioni. L'opera fu completata nel 1492 sotto papa Alessandro VI°. Il Passetto raggiunse il massimo della sua importanza nel 1527 quando consentì a papa Clemente VII° di fuggire dai suoi appartamenti in Vaticano per raggiungere il più sicuro castello, poichè Roma cadde sotto i Lanzichenecchi, le truppe mercenarie dell'imperatore Carlo V° che per circa un anno invasero la città e che erano state inviate per ritorsione, essendo il pontefice venuto meno alla parola data di formare un'alleanza contro il re francese Francesco I°.

Nel XVI° secolo papa Pio IV° estese i confini urbani del Vaticano facendo erigere un secondo muro praticamente parallelo al Passetto, circa 100 metri più a nord: l'originario Passetto perse la sua funzione difensiva originale. Il nome originario del Passetto fu "Corridore di Borgo" poichè attraversando Borgo per la sua intera lunghezza, divideva il rione di origine medievale in due parti: il nucleo originale, rinominato Borgo Vecchio, e Borgo Nuovo compreso tra il muro nuovo e quello preesistente. Nelle mura del Passetto furono aperti diversi passaggi, così da permettere la libera comunicazione delle due parti del rione; sopra ciascuno di essi il papa fece collocare il proprio stemma. Attorno al 1630 papa Urbano VIII° fece aggiungere al camminamento una copertura, trasformandolo in un passaggio coperto.
Anche il Belli, dedicò un sonetto al Passetto di Borgo nel 1845:

ER PASSETTO DE CASTEL SANT'ANGIOLO
Lo vòi sapé ch'edè quer corritore
Che, cuperto qua e là da un tettarello,
Da San Pietro va giù ssin a Castello
Dove tira a le vorte aria mijore?

Mo tte lo dico in du' battute: quello
Lo tie pper uso suo Nostro Siggnore,
Si mai per quarche ppicca o bell'umore
Je criccassi de fà a nisconnarello.

Drent'a Castello pò giucà a bon gioco
Er Zanto-padre, si je fanno spalla
Uno pe pparte er cantiggnere e er coco.

E sotto la banniera bianca e gialla
Pò dà commidamente da quer loco
Binedizzione e cannonate a ppalla.

G. G. Belli, 17 dicembre 1845

Solo nel 1949 il tetto fu rimosso, ripristinando l'originaria merlatura. Per tornare a Castel Sant'Angelo il suo nome deriverebbe da un'apparizione miracolosa durante la peste del 590; secondo la tradizione, papa Gregorio Magno, durante una processione, avrebbe avuto la visione di un'angelo che rinfoderava la spada ed avrebbe interpretato quel gesto come l'annuncio della fine della pestilenza nell'urbe. A memoria dell'evento, sul vertice della Mole Adriana, venne posta una statua in legno, in seguito sostituita da più versioni in marmo e da una in bronzo, poi fusa nel 1527 per forgiare cannoni; la statua attuale, la sesta, si deve all'opera dell'artista Werschaffelt e risale al 1753.




Due suggestive "visuali" del Passetto: Castel Sant'Angelo e la basilica di San Pietro

Statua dell'Angelo

L'interno dell'edificio, oggi visitabile e convertito in Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo, comprende, oltre a una interessante collezione di armi antiche, i fastosi appartamenti papali ornati da stucchi, fregi, affreschi, arazzi e ceramiche), è composto di cinque piani ed ingloba oltre a numerosi ambienti di epoca romana anche diverse sale affrescate di progetto rinascimentale. Dalla terrazza, resa celebre dalle melodie della Tosca musicata da Puccini (qui Cavaradossi dà il proprio struggente addio alla vita e Tosca lo segue nel suo mortale destino gettandosi dai bastioni), si gode lo splendido panorama a 360° su Roma. Per quanto riguarda il Passetto, per molti anni il percosto sopraelevato è rimasto chiuso al pubblico, essendo molte sue parti oramai instabili ed insicure. Per il giubileo del 2000 sono stati eseguiti molti e laboriosi lavori di restauro ed il Passetto è stato riaperto alle visite.


L'ennesima veduta della cupola di San Pietro dalla Terrazza dell'Angelo

UN MONDO FATATO

Cosa c’è di più bello di Roma? Avrete ormai capito che sono innamorato della mia città… e cosa c’è di più bello che scoprirla da punti di vista insoliti? Qualche anno fa "ci siamo regalati" un volo su Roma con un piccolo aereo da turismo. Eravamo io, Claudia e il pilota su quello che più che un aereo era una… “FIAT 500” hehehe; dapprima ammetto che c’è stata (anche da parte mia) un po’ di tensione, Claudia non ama volare, ma poi devo dire che l’esperienza è stata veramente suggestiva: Roma, da lassù, sembra un mondo sereno (non si nota neanche il traffico!!) e incantato, un po’ come la Londra vista dai tetti da Mary Poppins.

Purtroppo siamo incappati in una giornata in cui c'era abbastanza foschia e le foto (un po' per la foschia, un po' per il fatto che il vetro leggermente azzurrato dell'aereo falsava i colori ed un po' perchè le ho scattate con la reflex e poi scannerizzate) non rendono forse abbastanza l'idea, però.....
giudicate voi……


Appena partiti dall'Aeroporto dell'Urbe ci rasserena l'animo un laghetto artificiale a forma di cuore


Villa Albani, sulla Salaria, con il suo giardino all'italiana


Il Tevere e Piazza del Popolo


Ancora Piazza del Popolo e il "biondo" Tevere


L'Isola Tiberina


Nella foschia si intravede il Colosseo, alla fine di Via dei Fori Imperiali


La stazione Termini e Piazza Esedra


La cupola del Pantheon e, sulla destra, Piazza Navona


Ancora il Pantheon e Piazza Navona


Piazza di Spagna con la scalinata di Trinità dei Monti


Ancora il Pantheon con Piazza Navona, il Tevere e l'Isola Tiberina


Via di Ripetta, il Mausoleo di Augusto e la "vecchia" Ara Pacis


Il complesso dei campi sportivi del Foro Italico e Monte Mario


Il Foro Italico e lo Stadio Olimpico


Gli stadi Olimpico e Dei Marmi, gli impianti del Foro Italico e il Ministero della Farnesina


Purtroppo il giro panoramico è finito e si torna a casa


IL CONGRESSO DEGLI ARGUTI

Fin dai tempi di Orazio, Catullo, Ovidio il popolo romano è stato caratterizzato dall'ironia ma anche dalla capacità di lasciarsi scorrere addosso gli accadimenti della città: il Romano non si stupisce di nulla e, se si esalta per qualche motivo, il giorno dopo è già tutto dimenticato ed è pronto ad "affrontare" un nuovo accadimento. Però l'arguzia, lo scetticismo, ed il cinismo sono insiti nel suo animo e si rinnovano di giorno in giorno. Il Romano è, però, anche un po' codardo: getta il sasso ma nasconde la mano, e se ha da dire qualcosa a qualcuno lo fa per interposta persona o per sotterfugi magari, come nel nostro caso, affiggendo sulle statue, nottetempo, delle prose dissacranti contro il Papa o personaggi vari. Per protestare contro gli abusi, le tasse, le angherie, l'arrivismo di quello che invece doveva essere, nei secoli passati, l'esempio di moralità per antonomasia, cioè il Papa e la sua corte, ricorse appunto alle... statue, attraverso le quali esprimeva, con dissacrante cinismo ed ironia, tutto il suo disappunto. Le "statue parlanti" di Roma, sulle quali, nottetempo, venivano affissi tali scritti, erano (ed alcune lo sono tuttora) Pasquino, Madama Lucrezia, l'Abate Luigi, Marforio, il Facchino di Via Lata ed il Babuino, e sono state soprannominate "Il Congresso degli Arguti".
La più conosciuta e senz'altro quella denominata "Pasquino"



che altro non è se non il tronco malridotto di un gruppo scultoreo probabilmente raffigurante Menelao che trascina il corpo di Patroclo morente (una copia dell'originale bronzeo è anche a Firenze, nella Loggia dei Lanzi) .



La leggenda narra che tale statua sia stata rinvenuta presso Piazza Navona, in quanto in origine ornava lo Stadio di Domiziano, durante i lavori che Sisto IV° fece effettuare per la costruzione del proprio palazzo. Il busto venne sistemato all'angolo con il Palazzo Orsini, in quella che un tempo era Piazza Parione (il nome del rione) e che ora è Piazza Pasquino, nel 1501. Sisto IV°, durante il suo pontificato, dette il via ad un vero e proprio piano regolatore sventrando i precedenti edifici fatiscenti e costruendo palazzi e strade più larghe ed igieniche. Con un editto (che permetteva a tutti coloro che costruivano case nella città di diventarne poi proprietari) incentiva di fatto le costruzioni. Ovviamente di questo editto possono approfittarne soltanto i ricchi: cardinali, banchieri, famiglie nobili (Borgia, Barberini, Carafa, Sforza, Pamphjli ecc.). Per costruire tali palazzi, e risparmiare sui materiali, vengono saccheggiati reperti romani dell'antichità: statue per ornare cortili ed interni oppure lastre e blocchi di marmo per fare calce. Da qui una delle "pasquinate" più famose, che recita: "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini", ovvero "Quello che non fecero i barbari, fecero i Barberini", che allude appunto alle spoliazioni delle parti bronzee del Pantheon fatte eseguire da Papa Urbano VIII° (Barberini) al Bernini per la realizzazione del famoso baldacchino della Basilica di San Pietro. Il nome "Pasquino" si deve probabilmente al fatto che la statua fu rinvenuta nei pressi della bottega di un barbiere (o calzolaio) di nome Pasquino. Inizialmente l'occasione per le "rimostranze" di Pasquino venne offerta dalla Festa di San Marco (il 25 Aprile) per la quale il busto, che era proprio sul percorso della processione papale, veniva abbigliato come una divinità. Quindi i popolani cominciarono a manifestare il proprio malcontento con le uniche armi a loro disposizione: componimenti satirici ed invettive, contro il Papa ed i potenti, affissi al basamento della statua. Alcuni papi cercarono di far cessare tali manifestazioni di protesta spostando questa ed altre statue (tutte poste in luoghi di grande transito, così che molte persone potessero leggere di prima mattina i componimenti prima che questi venissero tolti dalle guardie papali) oppure facendole piantonare: ovviamente non ottennero alcun risultato... anzi... Il popolo romano era ovviamente per la quasi totalità analfabeta quindi i "vari" Pasquino che nel corso dei secoli si sono succeduti debbono essere stati per forza di cose letterati, studenti e, magari, addirittura appartenenti a famiglie nobili in contrasto con quella del Papa al momento in carica. Nella maggior parte dei casi nei componimenti venivano riportate delle espressioni che si potevano udire nelle strade, nelle osterie, nei mercati.

Alcune "Pasquinate" celebri:
"Ecce qui tollit peccata mundi - Ecco quello che toglie i peccati del mondo", riferita alla morte di Clemente VII°, probabilmente dovuta alla scarsa competenza del suo medico;

"Per chi vuol qualche grazia dal sovrano, aspra e lunga è la via del Vaticano. Ma se è persona accorta corre da Donna Olimpia a mani piene e ciò che vuole ottiene. E' la strada più larga e la più corta", una delle tante satire rivolte contro Olimpia Maidalchini (la Pimpaccia), cognata e consigliera (e forse anche amante) di Papa Innocenzo X°.

Altre tre contro la Pimpaccia: "Olim-pia, nunc impia - un gioco di parole in latino che vuol significare: OLIM = una volta, PIA = religiosa, NUNC = ora, IMPIA = piena di peccati (da qui il soprannome che le venne dato)
" e "Fu un maschio vestito da donna per la città di Roma e una donna vestita da maschio per la Chiesa Romana" e, infine, "Fin qui arrivò Fiume", alludendo al fatto che al tempo era usanza indicare le piene del Tevere con una lapide affissa ai muri dei palazzi segnalando il livello raggiunto dalla piena con una mano dall'indice puntato; alla statua di Pasquino venne trovato un giorno affisso un disegno raffigurante una donna nuda (somigliante ovviamente alla Pimpaccia) ed una mano con l'indice puntato sul basso ventre della donna e la scritta in questione, alludendo però al fatto che Donna Olimpia aveva un maestro di camera di nome Fiume.

Anche in tempi recenti Pasquino ha continuato a parlare, per esempio in occasione della visita a Roma di Adolf Hitler, quando vennero installati dei pannelli di cartone per nascondere alla sua vista le miserie della periferia romana: "Povera Roma mia de travertino, t'hanno tutta vestita de cartone, pe' fatte rimira' da 'n'imbianchino" o in occasione della visita di Gorbaciov, per la quale Roma rimase "paralizzata", a causa delle misure di sicurezza, per due giorni: "La Perestroika nun se magna, da du ggiorni ce manna a pedagna (a piedi), sarebbe er caso de smamma' (andarsere) ce cominceno a gira' (ci stiamo stufando)".
Spesso Pasquino "dialogava" con altre statue, in particolare Marforio: tra di loro c'erano dei veri e propri dialoghi, come quello contro Napoleone Bonaparte, accusato di portare in Francia opere trafugate durante le sue campagne belliche: Marforio a Pasquino:"E' vero che i Francesi so' tutti ladri?", risposta di Pasquino: "Tutti no, ma Bonaparte!"


Una "Pasquinata" recente contro il Sindaco di Roma Veltroni


"Marforio" è una statua raffigurante Oceano (ma c'è chi la identifica con la rappresentazione pagana del Tevere) che è ora posta nel cortile dei Musei Capitolini (dal XVI° secolo) mentre prima era posta davanti il Carcere Mamertino, nel Foro Romano, nei pressi della chiesa dei santi Luca e Martina.



Fu anche utilizzata come decorazione di una fontana del Palazzo dei Conservatori, disegnata da Giacomo della Porta. Per limitare il numero delle satire e degli epigrammi che i romani vi appendevano la notte, fu nominato un suo costode, il nobile Prospero Jacobacci, che venne ricompensato in modo quanto meno curioso: quattrocento libbre di cera bianca, dodici di pepe, una scatola di pignolato, otto libbre di nocchiate (il pignolato e le nocchiate sono dolci di frutta secca), sedici di confetti in quattro scatole dipinte, quattro fiaschi di vino, trenta paia di guanti e un rubbio e quattro scorzi di sale (il rubbio e le scorzo sono antiche unità di peso).
Altre statue "parlanti" di minor importanza sono: il "Facchino", una fontanella raffigurante un "acquarolo" con una botticella tra le mani (gli acquaroli erano quelle persone che, fino ai primi anni del '900, raccoglievano acqua dalle fontane pubbliche e la andavano a rivendere porta a porta). La statua, dal viso oramai quasi del tutto perduto, è stata da alcuni attribuita a Michelangelo, vista la sua pregevole fattura. In origine era murata sulla facciata principale di Palazzo De Carolis, lungo Via del Corso, e nel 1874 è stata spostata in Via Lata, su uno dei lati del palazzo;



"
Madama Lucrezia", addossata al muro in un angolo di Palazzetto Venezia, appunto tra Piazza Venezia e Piazza San Marco, proprio di fronte all'Altare della Patria (è un busto marmoreo di 3 metri d'altezza che raffigurava probabilmente una sacerdotessa dedita al culto di Iside o, forse, la dea stessa; il soprannome le deriva da una nobile del XV° secolo innamoratasi del re di Napoli e venuta a Roma per cercare di ottenere dal Papa la concessione del divorzio per il sovrano, il tentativò fallì e, alla morte del re, si ritirò a vivere appunto presso la piazza dove ora sorge la statua);



l'
"Abate Luigi", sul muro sinistro della Chiesa di Sant'Andrea della Valle, raffigura un uomo con una toga senatoriale ma il suo nome è probabilmente ispirato al sacrestano della vicina Chiesa del Sudario che, si dice, molto somigliante al manufatto)



e, per finire,
il "Babuino", una figura di satiro posta ad ornamento della fontana che sorge davanti la Chiesa di Sant'Attanasio dei Greci, appunto in Via del Babuino. Il nome gli deriva dalla faccia ghignante e oramai corrosa dal tempo che la rendono simile ad una scimmia.



UN ANGOLO SURREALE DI ROMA: IL QUARTIERE COPPEDE'

Adesso vi parlo di un angolo di Roma di cui il 99,99% dei Romani ignora l’esistenza: il Quartiere Coppedè. Questo “quartiere”, che in realtà non è altro che un complesso di 26 palazzine e di 17 villini, sorge tra la Salaria e la Nomentana, praticamente inglobato nel quartiere Trieste. La progettazione, e la parziale realizzazione, di queste palazzine si deve a Gino Coppedè, un architetto/scultore fiorentino che fu chiamato a Roma nel 1913 proprio per la realizzazione di questo complesso (che fu terminato poco dopo la sua prematura morte, avvenuta nel 1926). La particolarità che rende degno di nota questo insieme di edifici consiste nel fatto che tutte le palazzine, che partono a raggiera dalla centrale Piazza Mincio (dov’è la curiosa Fontana delle Rane)




non hanno uno “stile architettonico proprio" ma sono un misto di Liberty, Decò, Barocco, con richiami medievali e classici. I villini sono infatti circondati da una folta ed alta vegetazione mentre nelle facciate degli edifici si incontrato motivi classici greci, mitologici, ponti e reggifiaccole medievali in ferro battuto,




vetrate in stile Liberty ed edicole sacre con tanto di Madonna con il bambinello. In particolare i villini, generalmente di 2 o 3 piani e strutturati in archi e torrette, sono circondati da giardinetti verdi con alti alberi e, come fossero dei piccoli castelli, da pesanti cancellate di confine mentre le palazzine, in genere, danno direttamente sulle strade lungo tutto il loro perimetro e sono caratterizzate da loggette, balconcini e da pitture sulle facciate.





Un’altra particolarità del quartiere è che vi si “accede” attraverso un arco di ingresso che unisce due palazzi: la volta interna dell’arco è ornata da un grande… lampadario in ferro battuto!




Il miscuglio di stili che caratterizzano il complesso di edifici dette vita ad uno stile vero e proprio: l’Eclettismo, proprio per il fatto di essere avulso da ogni contesto storico essendo mescolati in esso lo stile tetro del gotico, quello ispirato alla natura del Liberty, quello classico di ispirazione greca, quello medievale delle torrette e delle cancellate, quello Barocco delle decorazioni a stucchi, mascheroni e pitture delle facciate. Questo stile, a se stante, nacque e morì con Gino Coppedè. Caratteristici sono anche i nomi dati agli edifici: Palazzina del Ragno (caratterizzata da un grosso mascherone sul portone d’entrata), il Villino delle Fate (caratterizzato da loggette con colonne e pitture sulle facciate),


l’Ambasciata Russa (con fregi che si rifanno a quelli dell’antica Grecia ma con il tetto sorretto da grossi animali in stile medievale). Il Quartiere Coppedè, proprio per la sua stravaganza e particolarità, e stato più volte set di film cinematografici.


PIAZZA NAVONA, IL SALOTTO DI ROMA

Prima di parlare di qualche altro posto meno conosciuto di Roma, facciamo una digressione su Piazza Navona, il “salotto di Roma” (anche per fare gli auguri a mio papà, oggi è il suo compleanno, che è nato in Via della Scrofa, a 50 metri da qui).
Si sviluppa sui resti dello Stadio di Domiziano (edificato a partire dall’85 d.C. ed i cui resti sono ancora parzialmente visibili nelle fondamenta e negli scantinati di alcuni edifici).



Vista aerea di Piazza Navona

Il nome attuale della piazza non è altro che una storpiatura del termine “in agone”, termine di derivazione greca, per le gare (di atletica, di pugilato o equestri), per i giochi e le feste che si svolgevano nello stadio, e non ha nulla a che vedere con le navi; in effetti la piazza ha si vagamente la forma di una nave ma, ad un’analisi più attenta, ci si rende conto che la sua forma ricalca alla perfezione quella dell’antico stadio: infatti i palazzi che ad oggi possiamo vedere sono sorti, insieme a magazzini e torri gentilizie, nel corso di più secoli, sulle fondamenta degli antichi porticati dello Stadio di Domiziano, il cui “campo di gara” era lungo 275 metri e largo 53, poteva contenere oltre 30.000 spettatori ed era costituito da gradinate disposte su 2 ordini di arcate (ancora visibili sotto gli edifici del lato curvo della piazza);


Arcate ancora visibili dello Stadio di Domiziano

gli ingressi principali erano 3: due sui lati lunghi (che ora corrispondono a Via di Sant’Agnese in Agone - che conduce verso Via della Pace e Piazza del Fico, zona conosciuta a Roma come “il triangolo delle bevute”, visto il notevole numero di locali e pub che popolano la zona – e, dalla parte opposta, alla Corsia Agonale, che sbuca quasi di fronte a Palazzo Madama, sede del Senato); il terzo ingresso era l’attuale Via di Sant’Agostino, sul lato curvo dello stadio (questa strada conduce ad una delle più importanti chiese di Roma, Sant’Agostino appunto, costruita da Giacomo di Pietrasanta tra il 1489 e il 1493 e che ospita una serie di opere di grande valore: al suo interno si possono ammirare, infatti, opere del Sansovino, Raffaello, Bernini, Caravaggio, Guercino).
La piazza è arricchita dalla presenza di tre fontane e due chiese: la Fontana del Nettuno e quella del Moro sono agli estremi della piazza mentre la berniniana Fontana dei Fiumi è in posizione centrale, proprio davanti la chiesa borrominiana di Sant’Agnese in Agone.
Le due vasche delle fontane minori sono su disegno di Giacomo della Porta: quella del Moro è poi stata completata con una statua raffigurante un Etiope in lotta con un delfino (su disegno del Bernini) su diretta richiesta di Olimpia Maidalchini, personaggio di cui parlerò più avanti.


Fontana del Moro

La Fontana del Nettuno, invece, venne completata soltanto nel 1878 quando vennero aggiunti il complesso mitologico delle "Nereidi con putti e cavalli marini", ed il secondo gruppo marmoreo "Nettuno lotta con una piovra", che riprende il tema dello scontro fisico già presente nella fontana del Moro.


Fontana del Nettuno

Nella Fontana dei Fiumi, su disegno del Bernini, si ergono le personificazioni dei quattro fiumi, realizzate dai collaboratori del maestro. I quattro fiumi, rappresentanti le quattro terre al tempo conosciute, sono: il Danubio (Europa), il Gange (Asia), il Rio della Plata (Americhe) ed il Nilo (Africa) con il volto coperto perché, al tempo, ancora non se ne conoscevano le fonti (anche se c’è chi dice che abbia il capo velato per non vedere la facciata della chiesa di Sant'Agnese in Agone, opera del “nemico” Borromini. Allo stesso modo è da notare che, vista l’accesa rivalità che intercorreva tra il Bernini e il Borromini, il Rio de La Plata è rappresentato con un braccio alzato, quasi a ripararsi dall’”imminente” presunto crollo della facciata della chiesa: mito anch'esso infondato in quanto la facciata della chiesa è, anche se soltanto di un paio d'anni di successiva realizzazione rispetto alla fontana. L’obelisco che sovrasta le figure dei fiumi, contornate anche da leoni ed altri animali, anche fantastici, proviene dal Circo di Massenzio, sull’Appia Antica, ed alla sua sommità c’è una colomba bronzea, simbolo della famiglia Pamphilj che, per "merito" di una sorta di competizione con le famiglie dei Barberini e dei Farnese, dette alla piazza il colpo d'occhio di cui ancora oggi possiamo godere. Papa Innocenzo X Pamphilj fu infatti il primo a voler risanare la piazza, che era, in epoca medievale, ridotta ad un prato incolto: infatti proprio a lui si deve la definizione di Piazza Navona come di “Un salotto, che ha da essere un godimento per li occhi e lo spirito”, un insieme armonico di palazzi, chiese e monumenti.
Una curiosità relativa la Fontana dei Fiumi è quella narrata dall’Alberti: “Chiunque faccia il giro della fontana in senso antiorario, insieme al proprio consorte, fidanzato, ganzo o amante, lo perderà entro sei ”.

In epoca medievale, e poi in seguito, lo Stadio venne in parte demolito per ricavare dal suo marmo la calce per edificare i palazzi della zona.
La Chiesa di Sant’Agnese in Agone venne edificata nel corso del 1600 a fianco della residenza dei Pamphilj per volere dello stesso papa Innocenzo X, che volle anche il suo monumento funebre all’interno della stessa. Nella cupola c’è un’apertura dalla quale il papa, direttamente dai suoi appartamenti, poteva assistere alla messa. La chiesa è dedicata a Sant’Agnese che, dodicenne, venne condannata in quanto cristiana, nel corso del terzo secolo d.C. durante le persecuzioni di Valeriano, ad essere esposta nuda in un lupanare ricavato nei portici dello stadio: per miracolo le sue nudità rimasero celate dalla capigliatura cresciutale all’istante.
Dicevo prima della amena figura di Donna Olimpia Maidalchini, precorritrice dei tempi moderni: essendo moglie del fratello del papa (sempre Innocenzo X) concedeva protezione ed incarichi papali dietro consegna di “bustarelle”. Lo stesso Bernini ottenne l’incarico di eseguire la Fontana dei Fiumi soltanto dopo averle fatto trovare un "modellino" della fontana, in argento ed alto un metro e mezzo, nelle stanze di Palazzo Pamphilj. Olimpia apprezzò il “bozzetto” e il papa concesse l’incarico. Olimpia fu diverse volte oggetto di scherno e “pasquinate” popolane, soprattutto quando, per finanziare i lavori della fontana, venne aumentato il prezzo del pane. Per tutte le sue malefatte venne soprannominata, in una di queste pasquinate: “La Pimpaccia di Piazza navona”.


La statua "parlante" di Pasquino ed una "moderna" pasquinata contro il sindaco Veltroni e la sua giunta, accusati di pensare più all'organizzazione di spettacoli culturali che non ai problemi urbanistici e sociali di Roma

Ci sono altre due caratteristiche legate a Piazza Navona: una del passato ed una in vigore anche ai giorni nostri. La prima è la festa, detta “del Lago”, in quanto chiudendo le chiavichette della fontana dei Fiumi e della fontana del Moro, veniva allagata la parte meridionale della piazza (questo allagamento avvenne tutti i sabati e le domeniche d’agosto dal 1652 al 1676). In quel “lago artificiale” si tuffavano i bambini ed i popolani accaldati e sguazzavano i cavalli delle carrozze.


La festa del "lago" a Piazza Navona

L’altra caratteristica di Piazza Navona (ora che non vi si tiene più, ogni mercoledì, il mercato rionale - che prima ancora veniva allestito sulla piazza del Campidoglio) sono le “bancarelle dei pupazzari" (oltre a quelle oramai fisse dei pittori e dei ritrattisti): ancora oggi, dall’8 dicembre al 6 gennaio, sulla piazza vengono installati dei casotti che vendono dolciumi, articoli per presepi, regali. Questa usanza è in vigore dal 1651 ed è tutt’oggi viva, anche se con gli anni è cambiata di molto.


Bancarelle natalizie a Piazza Navona

In un suo sonetto del primo Febbraio 1833 il Belli così descriveva Piazza Navona, rendendone, in poche righe, perfettamente il carattere economico, artistico e storico e rievocando anche il tempo della Roma papalina in cui nella piazza veniva allestita la pubblica gogna:

Se pò ffregà Ppiazza-Navona mia
E dde san Pietro e dde Piazza-de-Spaggna.
Cuesta nun è una piazza, è una campaggna,
Un treàto, una fiera, un'allegria.

Va' dda la Pulinara a la Corzìa
Curri da la Corzìa a la Cuccaggna
Pe ttutto trovi robba che sse maggna,
Pe ttutto ggente che la porta via.

Cqua ce sò ttre ffuntane inarberate:
Cqua una gujja che ppare una sentenza:
Cqua se fa er lago cuanno torna istate.

Cqua ss'arza er cavalletto che ddispenza
Sul culo a cchi le vò ttrenta nerbate,
E cinque, poi, pe la bbonifiscenza.