21 aprile 2007

AUGURI ROMA !!!!!!!


OGGI 21 APRILE 2007 ROMA COMPIE 2.760 ANNI


AUGURI ROMA !!!!!

17 aprile 2007

LE FESTE ROMANE: 25 APRILE - FESTA DI PASQUINO

Passata la Pasqua, con le sue abbuffate e le prime tradizionali gite fuori porta,


Colazione sull'erba, di Manet

in attesa del “grande evento” del primo Maggio, con la classica scampagnata

Colazione sull'erba di Monet

con gli immancabili pecorino romano e fave, a Roma le feste non finiscono. Per la verità, la Festa di Pasquino, si è svolta per l’ultima volta quasi mezzo millennio fa (per la precisione il 25 di aprile, giorno di San Marco Evangelista, dal 1508 al 1539) ma ne voglio ugualmente parlare perchè Pasquino, ancora ai giorni d'oggi, e quasi giornalmente, continua a "parlare",


Pasquino

non più (o non sempre) contro il PapaRe ma, adeguandosi ai tempi, contro le storture e le bruttezze della vita odierna e di chi la dovrebbe regolamentare.
Come la maggior parte delle feste romane dei secoli passati, la Festa di Pasquino si svolgeva in concomitanza o, meglio, integrava goliardicamente la processione che i canonici di San Lorenzo in Damaso effettuavano attraversando le strade ed i vicoli, del rione Parione (comprendente Campo de Fiori e Piazza Navona).


Processione dei canonici di San Lorenzo in Damaso

Gli studenti ed i docenti dell'Archiginnasio della Sapienza, nel cortile del quale si può ammirare la splendida chiesa di Sant'Ivo, opera del Borromini,


sfilavano anche loro in corteo fin davanti alla statua di Pasquino (trovata nel 1501 nei pressi di Piazza Navona, in occasione degli scavi voluti da Papa Sisto IV° per la costruzione del suo palazzo) che, in base ad un “tema” variabile di anno in anno, veniva addobbata con una maschera mitologica raffigurante un personaggio del mondo antico; sul tema scelto di anno in anno vertevano gli epigrammi scritti in latino dagli ecclesiasti e letti, poi, pubblicamente da docenti e studenti: questi epigrammi (essendo appunto di natura “ecclesiastica”) erano scritti ad esaltazione del potere pontificio, motivo per cui la festa era molto ben vista dallo stesso papa. Alla manifestazione, ed alla lettura degli epigrammi, sovrintendeva un "protettore", che poteva essere un cardinale o un "segretario" di nomina papale, che aveva la funzione di esaminare ed approvare tali epigrammi, per permetterne poi la pubblicazione. La prima festa fu celebrata nel 1508 e si ripeté fino al 1518; dopo una sospensione nel 1519 riprese dal 1520 al 1522, sotto papa Leone X°; sospesa per altri tre anni sotto Adriano VI° riprese nel 1525 e 1526 con Clemente VII°, fino a Paolo III° nel 1535, 1536 e 1539, ultimo anno di celebrazione. La festa di Pasquino che, grazie agli scritti “controllati” in via censoria magnificava il potere spirituale e temporale dei papi di quel periodo, favorì però il parallelo diffondersi di un movimento clandestino, rivolto contro il potere del PapaRe, per mezzo di affissioni notturne, sulla statua, di epigrammi scritti in latino ed in linguaggio popolaresco. Tali epigrammi, visto che la statua di Pasquino dopo i primi "casi" veniva tenuta d'occhio dalle guardie papali, furono affissi anche ad altre statue, definite “parlanti" (il cosidetto “Congresso degli Arguti”): Marforio, il Babuino, l’Abate Luigi, il Facchino di Via Lata e Madama Lucrezia. Fino alla metà dell’800 circolarono negli ambienti anticlericali (ma non solo in quelli) anche opuscoli e libelli stampati di nascosto, in cui erano raccolti gli epigrammi e le "pasquinate". Questo tipo di produzione letteraria, dalla forma satirica, la cui prima traccia risale ad alcuni autori classici latini, generalmente denunciava, oltre il malcontento del popolino, l’immoralità ed i soprusi del potere pontificio e della famiglia nobile di volta in volta ad esso collegata. Gli epigrammi, infatti, venivano redatti da poeti ma su commissione di prelati e nobili che volevano diffamare coloro che detenevano il potere per infangarli agli occhi del popolo e favorire le cause per subentrare ad essi. Questo "pasquinismo" fu perseguito dalle autorità papali e civili tanto che alcuni poeti furono smascherati e finirono anche sul patibolo (si badi bene: ....solo i poeti... non i committenti !) ma la produzione delle pasquinate, scritte dall'Ottocento anche in dialetto, è durata ininterrottamente fino alla caduta del "regime" pontificio nel 1870 ed è proseguita fino a oggi contro il potere in generale, come libera denuncia di cittadini in una "festa" di Pasquino che è in fondo quotidiana.

Di seguito altre fotografie della cupola di Sant'Ivo alla Sapienza e del Cortile dell'Archiginnasio






05 aprile 2007

PASSEGGIANDO PER ROMA... UNA MATTINA...

Si può incontrare un mondo di umanità varia:
gente che va in giro con una Madonna...


...con un'icona...



...che partecipa alla messa della Domenica delle Palme in Piazza Trilussa, sul Lungotevere di Trastevere...



...che fa fotografie... (la mia Claudia :-D)



...("gente" che mangia)...



...che va a pesca di piovre...



...che medita e filosofeggia "spaparacchiato all'ombra d'un pagliaro"...



...che coglie un arancia nel giardino della Villa Farnesina...



e si possono ammirare scorci vari...



il basamento della statua dedicata a Giordano Bruno a Campo de Fiori



...davanti al quale si chiacchiera e si suona...



finestre a Piazza Navona





la facciata del Monte di Pietà



una Madonnella



Santa Maria della Quercia





e la processione dei Macellai



per tornare a Piazza Trilussa



dopo essere passati per Via dei Pettinari



ed aver visitato la splendida chiesa dei Padri Pallottini





altra Madonnella



e altri suonatori (bravissimi) in Piazza Navona



04 aprile 2007

ROMA CURIOSA - SANTA MARIA DELLA QUERCIA

La Domenica delle Palme, nella piccola Piazza della Quercia, a meno di 50 metri da Santa Barbara dei Librari e da Campo de Fiori, si svolgono la messa e la processione della Confraternita dei Macellari, da sempre una delle più importanti di Roma.



Lo slargo a forma di "L", costituito dalla piccola Piazza della Quercia e dall'altrettanto piccola Piazza Capodiferro, costituisce un condensato di grande rilevanza architettonica ed artistica: in Piazza della Quercia sono infatti la Chiesa di Santa Maria della Quercia ed il Palazzetto Ossoli (nei cui sotterranei sono stati rinvenuti mosaici e resti di colonne di momunenti antichi - forse le ultime tracce del Teatro di Pompeo) e, ovviamente, la quercia che da il nome al luogo;



in Piazza Capodiferro (ridisegnata dal Borromini dopo i soliti smembramenti avvenuti in epoca rinascimentale) troneggia il grande Palazzo Capodiferro-Spada (dal 1927 di proprietà dello Stato e sede, oltre che di una importante pinacoteca e della altrettanto celebre e curiosa "Prospettiva del Borromini", anche del Consiglio di Stato). La facciata dell'edificio posto di fronte l'entrata di Palazzo Spada è caratterizzata da disegni prospettici e da una fontana (in sostituzione di una precedente fontana sempre opera del Borromini) costituita da una statua in stile classicheggiante, da una testa di leone e da un sarcofago a fare da vasca e, più in alto, da una meridiana.





Il Palazzo Ossoli, opera di Baldassarre Peruzzi, è caratterizzato da una facciata bugnata (con lastroni di pietra sporgenti) e da lesene ("tranci" di colonne a carattere prettamente decorativo e non strutturale), nonchè da un piccolo ed altrettanto gradevole cortile, che riprende le caratteristiche architettoniche della facciata.



Palazzo Capodiferro-Spada è un grosso palazzotto in stile Barocco Romano: la facciata esterna e quelle del cortile interno sono interamente decorate da rilievi a stucco, nicchie e statue, opera di Giulio Mazzoni.



In particolare vi si possono riconoscere le statue raffiguranti Giulio Cesare, Augusto, Traiano, Gneo Pompeo, Fabio Massimo, Romolo e Numa Pompilio e, sopra il portale d'ingresso, lo stemma della Famiglia Spada retto da due Virtù personificate.



Le facciate del cortile interno sono interamente decorate a stucco, sempre ad opera del Mazzoni, con scene che rappresentano una "Centauromachia" ed una "Caccia alle Fiere", tra cui spicca la cruda scena di un leone che divora un uomo.







Il palazzo venne commissionato dal Cardinale Girolamo Capo di ferro, nel 1540, a Giulio Merisi da Caravaggio e, alla metà del 1600, passò di proprietà al Cardinale Bernardino Spada da Brisighella, brillante diplomatico ecclesiastico e munifico mecenate delle arti. Proprio a lui si deve la "chiamata" del Borromini per una "risistemazione" del palazzo e dell'area circostante. Celeberrima è, a questo proposito, la "Prospettiva" del Borromini che si apre nel lato sinistro del cortile: praticamente una galleria lunga solo 9 metri che, grazie alla piccola statua posta al suo fondo ed allo strabiliante gioco prospettico delle arcate e delle colonne, appare molto più lunga di quanto in realtà non sia.



Nel palazzo sono anche custodite importanti opere: in particolare alcuni affreschi di scuola michelangiolesca e raffaellesca e la statua che si ritiene raffiguri Pompeo e sotto la quale, si dice, cadde Giulio Cesare trafitto dalle coltellate mortali (quindi si presume sia stata portata a Palazzo Spada dall'attuale Largo dell'Argentina, luogo dell'assassinio di Cesare). La Pinacoteca Spada, cui abbiamo accennato in precedenza, custodisce opere di pittori prevalentemente bolognesi quali Reni, Guercino, Carracci e Domenichino.
Tornando a parlare di Piazza della Quercia torniamo a parlare anche di Papa Giulio II° Della Rovere che, nel 1507, concesse alle colonie dei Viterbesi, Maremmani e Orvietani, che popolavano la zona intorno a Campo de' Fiori, di poter onorare la Madonna che, appunto nei dintorni di Orvieto, veniva venerata presso il Santuario della Quercia. Da notare che la quercia era anche il simbolo della famiglia Della Rovere, da qui forse il favore del papa cui, ricordiamo, dobbiamo anche la volta e il Giudizio Universale della Cappella Sistina ed altre notevoli opere scultoree, pittoriche ed architettoniche. Quindi, sui resti della preesistente Chiesetta di San Nicolò, venne edificata (con caratteristiche "Bramantesche") la chiesa di Santa Maria della Quercia. Nel 1532 venne fondata l'Arciconfraternita dell'Università dei Macellari, cui la chiesa venne affidata da Papa Clemente VII°. A partire dal 1727 la chiesa venne restaurata, ed in parte ricostruita in stile Rococò, sotto la guida dell'architetto Filippo Raguzzini: la facciata della chiesa è caratterizzata dall'aspetto "panciuto" tipico dei mobili e dell'architettura Rococò. Il portale e la facciata sono molto semplici e quasi scarni di ornamenti: sopra il portale spicca una finestra multilobata ed alcuni stemmi.



Nella parte superiore, sopra un pesante ed elaborato cornicione, spicca un finestrone sormontato da un motivo barocco. Su di esso, a caratterizzare ancora di più la fusione dei due stili (Barocco Romano e Rococò), distanti tra loro quasi duecento anni, la cupola emisferica, ornata internamente da dipinti ottocenteschi del Molinari. Altri dipinti all'interno rappresentano Mosè, David, Ezechiele, Isaia ed una serie di angeli.


L'interno della chiesetta, a croce greca e con tre cappelle, è caratterizzato per la presenza, sull'altare maggiore, di una immagine della Madonna della Quercia racchiusa in una pesante e dorata cornice con gli emblemi della Confraternita dei Macellai.
Come la chiesa di Santa Barbara a Largo de' Librari, (e come molte altre piccole chiese del centro storico di Roma, come Santa Brigida, in Piazza Farnese) la chiesa è quasi soffocata dai palazzi adiacenti.
Di particolare attrattiva, come detto, la Domenica delle Palme, è la messa cantata che viene celebrata all'interno del cortile di Palazzo Spada e la successiva brevissima processione che dal palazzo riporta il Gonfalone con l'effige della Madonna della Quercia all'interno della chiesetta.



Al termine della processione vengono offerti, dalla Confraternita dei Macellai ai fedeli partecipanti, panini con prosciutto o porchetta (anche se siamo in Quaresima!), formaggi e dolci pasquali. Ecco alcune immagini della processione dei Confratelli.



Nota gastronomica: negli anni '60 la trattoria "La Quercia", nell'omonima piazza, fece conoscere ai Romani, e non solo ad essi, i Vincisgrassi, un piatto tipico della tradizione gastronomica marchigiana. Eccone la ricetta:

100 gr di burro, 100 gr di lardo, ½ cipolla tritata, una carota tritata, 200 gr di fegatini di pollo, ½ bicchiere di vino bianco, un mestolo di brodo, due cucchiai di concentrato di pomodoro, 200 gr di manzo macinato, ½ bicchiere di latte, 50 gr di funghi secchi, 600 gr di pasta all'uovo in sfoglie, 700 gr di besciamella, sale e pepe.

Soffriggere il lardo tritato in un tegame contenente il burro, la cipolla e la carota. Quando il trito avrà preso colore aggiungere i fegatini, il macinato e sfumare con il vino bianco. Sciogliere il concentrato di pomodoro nel brodo e unire alla carne. Regolare di sale e pepe e lasciar cuocere coperto a fiamma bassa per 1 ora. Dopodiché aggiungere i funghi secchi, precedentemente ammorbiditi in acqua, e il latte. Continuare così la cottura per altri 30 minuti. Lessare le sfoglie di pasta all'uovo e lasciarle sgocciolare. Imburrare una teglia, stendervi uno strato di pasta all'uovo, coprire con besciamella e sugo, spolverizzare con parmigiano. Continuare fino ad esaurimento degli ingredienti. Lasciar riposare per almeno 7 ore. Cuocere in forno a 200°C per mezz'ora e servire caldo.

Nota di colore: le scarpe sulla quercia erano un ornamento, un rito scaramantico o...... maleducazione?