28 aprile 2008

I FOTOREPORTER DI ROMA ANTICA: BARTOLOMEO PINELLI

Fino a tutto il diciannovesimo secolo i viaggiatori che arrivavano a Roma, per lo più in carrozza o a dorso di mulo, erano irrimediabilmente colpiti dal fascino della campagna che circondava la città. Il percorso "via terra" era sicuramente più piacevole dal punto di vista paesaggistico rispetto a quello "via mare", oltre che più breve e confortevole.

Eugene Verboerkhoven: “Paesaggio con asino, capra e pecora

La campagna, piena di ruderi antichi e reperti archeologici, gli acquedotti ed i monumenti funerari di epoca romana su tutti, accompagnava il viaggiatore fin dentro la cinta muraria della città; e tutt’oggi, anche nel centro storico, Roma è piena di ampi spazi verdi. Il prosieguo della campagna entro il perimetro urbano era una delle molte componenti che concorrevano a creare il fascino e l’unicità di Roma ed il connubio “verde-ruderi-area abitata” si riscontra benissimo soprattutto negli splendidi acquerelli di Ettore Roesler Franz, come in quelli di molti altri pittori del periodo anche precedente il suo .

Salomon Corrodi: "Roma da Monte Mario"

Salomon Corrodi: "Roma da Monte Mario"

Le ampie aree verdi urbane erano veri e proprio squarci di campagna, per non citare poi i meravigliosi giardini ed i parchi delle numerose ville urbane di proprietà delle famiglie nobiliari, colme di vegetazione e di antichi reperti. La campagna di Roma aveva dei caratteri peculiari, in grado di colpire profondamente soprattutto gli stranieri, abituati a ben altri colori e panorami e, per questo, rimaneva facilmente impressa nella loro memoria. Soprattutto dal Settecento, complici l’attrazione per gli scenari agresti ed il fascino delle antiche rovine di epoca romana, la campagna intorno a Roma attrasse decine di pittori da tutta Europa: la Campagna Romana assurse al ruolo di terra prediletta soprattutto da parte dei pittori del centro e del nord Europa, sorretti dal devoto, quasi religioso, sentimento della natura.

Charles Coleman: "Carro con mietitori"

La Campagna Romana, con i suoi acquitrini, i resti degli acquedotti romani e di antiche costruzioni, i cieli ed i giochi di luce all’alba ed al tramonto, fu un’ottima scuola d’arte per i pittori perché favorì lo studio dei colori e lo sviluppo della prospettiva. Cosicché, per oltre un secolo e mezzo essa costituì quasi una “corrente pittorica”, fenomeno che acquisterà dimensioni massicce tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento. In questo vero e proprio ciclo pittorico emerse Jean-Baptiste Camille Corot, i cui rivoluzionari “studi” sono tra i contributi più significativi. Altri pittori importanti in questo campo furono Ippolito Caffi, Vincenzo Morani, Salomon Corrodi e Teodor Aerni.

Teodor Aerni: Girandola a Castel Sant'Angelo

Charles Coleman si distingue in questo periodo per un grande album “in-folio”, pubblicato a Roma nel 1850: nelle cinquantatre acqueforti che compongono l’album (anche se altre con gli stessi soggetti non vi sono comprese) attua la fusione tra paesaggio pittorico e mondo della campagna con i suoi abitanti: gli animali, gli uomini, le loro attività quotidiane. Un mondo che egli coglie alla perfezione nella sua intima serenità.
Tornando ad Ettore Roesler Franz, sicuramente il maggiore degli esponenti di questa “scuola romana”, si può dire che diversi fattori lo portarono a riprodurre (spesso dopo averle fotografate personalmente ed avendo preso decine di annotazioni su bozzetti eseguiti per meglio “ricordare” i giochi di luce o le attività che venivano svolte in quei luoghi nelle varie ore della giornata) ben oltre 120 vedute della Roma che di lì a poco sarebbe scomparsa a causa dell’attuazione del Piano Regolatore: tra questi, principalmente, il grande amore per la sua città e l’influenza degli studi di Architettura svolti presso l’Accademia di San Luca. Roesler Franz era ben cosciente che il Piano Regolatore, una volta approvato, avrebbe avviato demolizioni di scorci ed angoli, oltre che di opere anche di notevole valore artistico, della sua città, che in seguito nessuno avrebbe più potuto ammirare. Questa consapevolezza, l’amore nutrito per quei luoghi e per quelle scene di quotidianità, traspaiono nei suoi quadri e negli schizzi colmi appunto di annotazioni. Gli studi svolti presso l’Accademia di San Luca sono testimoniati dalla estrema fedeltà e precisione nel riprodurre gli edifici nella struttura e nei particolari architettonici, nei materiali impiegati, fin nei dettagli, così come perfette solo le raffigurazioni del popolo romano, nei vestiti e nei movimenti, o la descrizione dei giochi di luce tra le fronde degli alberi, nei riflessi del Tevere o, addirittura, in un particolare architettonico che si specchia in una pozzanghera.


Ettore Roesler Franz: "Scorcio di Borgo e il Passetto"

Il grande merito di Roesler Franz consiste anche nell’aver intrapreso una personale lotta contro il tempo e contro i “demolitori”, facendoci pervenire schizzi ed immagini di una Roma a misura d’uomo che non esiste più, con i suoi giochi di luci ed ombre, le sue sensazioni, i riflessi di sole sul selciato talvolta viscido per la pioggia, i colori delle verdure su un banchetto di vendita… Roesler Franz aveva anche progettato un piano di presentazione delle sue tele esponendolo in un “Memorandum”del 1894: egli prospettava l’ipotesi di produrre una seconda serie della Roma sparita di ben 120 acquarelli, nel quale precisa però alcune condizioni essenziali per la presentazione delle suddette tele all'interno di un ideale museo: “…la collezione dovrebbe essere disposta in una grande sala con una grande carta topografica della Vecchia Roma in cui io indicherei i punti ove le vedute sono state allora riprese. Ciò aiuterebbe gli studenti delle future generazioni a capire l’aspetto di Roma prima degli attuali mutamenti…”. L’attenzione dell’artista è rivolta innanzitutto al Tevere, il cui scenario andava in quegli anni cambiando velocemente con la demolizione di edifici fatiscenti, dalla passeggiata di Ripetta alla “Ripa giudea”, di fronte all’isola Tiberina: in taluni disegni è indicata l’ora, quasi sempre molto mattutina, in cui lo schizzo fu eseguito e sulla carta sono annotati con cura minuziosa i colori delle varie componenti dei disegni, di cui avrebbe tenuto conto nella esecuzione definitiva. Un particolare interesse rivestono anche scene e scorci del ghetto, prima che il carattere medioevale ne venisse cancellato dal cosiddetto “risanamento”, eufemismo che ne indicò la pura e semplice demolizione indiscriminata: i colpi dei picconi sulle pietre ricordavano al pittore “il suono della campana a morto”! Tutta la sua opera ed il suo epistolario, che comprende lettere all’unico suo allievo, Adolfo Scalpelli, testimoniano un grande amore per la natura, l’arte e la "città/paese", di cui avvertì il fascino come pochi altri. La sua figura resta quella di un artista consapevole dei suoi doveri verso la società, che concepì il suo lavoro come un’autentica missione: la sua opera è infatti la testimonianza di un momento ben definibile della storia di Roma ed un validissimo contributo di testimonianze destinate alle generazioni future, private di tanta bellezza.

Antoine Jean Baptiste Thomas: Donna di Albano con costume paesano

Un altro validissimo artista che, insieme a Roesler Franz e Jean Baptiste Thomas, ci ha tramandato con le sue incisioni scene di vita di una Roma oramai scomparsa, è Bartolomeo Pinelli, soprannominato “er pittor de Trastevere”. Giuseppe Gioachino Belli, insieme a Trilussa (e, forse, più di lui) il maggior poeta romanesco, lo ricorda così, in un sonetto del 9 Aprile 1835, pochi giorni dopo la sua morte:


La morte der zor Meo

Sì, quello che portava li capelli
giù p'er grugno e la mosca ar barbozzale, (1)

er pittor de Trestevere, Pinelli, (2)
è crepato pe causa d'un bucale (3).


V'abbasti questo, ch'er dottor Mucchielli, (4)
vista ch'ebbe la merda in ner pitale,

cominciò a storce (5) e a masticalla male, (6)
eppoi disse: "Intimate li Fratelli. (7)"


Che aveva da lassà? Pe fà bisboccia (8)
ner Gabbionaccio (9) de padron Torrone, (10)
è morto co tre pavoli in zaccoccia. (11)

E l'anima? Era già scommunicato, (12)
ha chiuso l'occhi senza confessione...(13)
Che ne dite? Se (14) sarà sarvato?

1 Mento 2 Bartolomeo Pinelli, nativo di Trastevere, incisore, pittore e scultore, morì il primo giorno di aprile 1835, nella età di anni cinquantaquattro. Nella sera precedente, aveva presa all'osteria la sua ultima ubbriacatura. 3 Boccale. [di vino] 4 Alcuni del popolo credono che il medico di Pinelli fosse costui, noto in sua gioventù per poesie romanesche che andava recitando per gli spedali in occasione di pubbliche dimostrazioni anatomiche degli studenti di chirurgia: ma fu realmente un dottor Gregorio Riccardi. 5 A torcere il grifo in aria di dubitazione. 6 Masticarla male, in senso di "presagire male." 7 Coloro che convogliano i morti alla sepoltura. 8 Per far tempone. 9 Il Gabbione, nome della osteria dove il Pinelli consumava tutti i suoi guadagni mangiando e bevendo e dando a bere e mangiare. Havvi sù la insegna di una gabbia con merlo. 10 Torrone, nome dell'oste. 11 Circostanza storica. Il funerale fu fatto con largizioni spontanee di alcuni ammiratori della di lui eccellenza nell'arte. Molti artisti, vestiti a lutto, e quali con torchi, quali con ramuscelli di cipresso in mano, lo accompagnarono alla tomba nella chiesa dei SS. Vincenzo ed Anastasio a Trevi. 12 Nel giorno di san Bartolomeo dell'anno 1834, il nome del nostro Bartolomeo Pinelli fu pubblicato in S. Bartolomeo all'Isola Tiberina sulla lista degli interdetti per inadempimento al precetto pasquale. Avendovi egli letto essergli attribuita la qualifica di miniatore, andò in sacristia ad avvertire che Bartolomeo Pinelli era incisore, onde si correggesse l'equivoco sull'identità della persona. 13 Alla intimazione de' sacramenti, volle l'infermo essere lasciato per qualche ora in pace, per riflettere, come egli disse, ai casi suoi. Il parroco lo compiacque, ma ritornato al letto di lui lo trovò in agonia! Si narra però che il moribondo corrispondesse ad una stretta di mano del prete. Questa circostanza deve aver fruttato al corpo la sepoltura ecclesiastica e all'anima la gloria del paradiso. 14 Si.
Pavoli. Il paolo era pari a mezza lira romana.

Bartolomeo Pinelli (1781-1835) era figlio di un "vascellaro" trasteverino (cioè di un vasaio modellatore di statue devozionali), e già da bambino diede prova di talento modellando la creta nella bottega paterna. Si formò prima a Bologna a poi all'Accademia di San Luca a Roma. Presto le sue sculture e i suoi disegni divennero ricercati dai collezionisti dell'epoca. Da bravo artista aveva le sue bizzarrie personali: girovagando per Roma, sempre in compagnia di due grossi cani (vi si ritrasse anche in diverse tavole), faceva scherzi pesanti e, la sera, quando non sapeva come passare il tempo, si acquattava dietro un balconcino di casa con in mano una lenza provvista di amo e con questa tirava via le parrucche ai passanti. Inutili le imprecazioni delle vittime: dal basso non si vedevano che finestre chiuse. Un altro aneddoto che lo riguarda, da buon Trasteverino, fece scalpore: un piano sotto la casa di Pinelli abitava un violinista che provava per ore ed ore. Bartolomeo, o "Mineo" come lo chiamavano tutti, raggiunto il limite della sopportazione bussò alla porta del musicista chiedendogli di smettere di suonare, ma quello rispose: "Sto a casa mia e faccio er commido mio". Per vendetta, allora, sgombrò per intero la stanza sopra quella dove il suonatore provava, la riempì di acqua si mise a "pescare". Quando sul violinista cominciò a piovere acqua dal soffitto si precipitò urlando al piano di sopra, ma il pittore lo guardò e rispose senza scomporsi: "Sto a casa mia e vojo pescà quanto me pare".

Follie a parte Pinelli ci ha trasmesso, con le sue innumerevoli tavole, le immagini della quotidianità di una Roma perfettamente fusa con il suo passato storico e le sue tradizioni popolari. Le sue opere, infatti, raffigurano la quotidianità del popolo romano, soprattutto nei suoi momenti di intimità familiare o di svago, ma anche la sua nostalgia per la Roma imperiale, con i suoi ruderi a far da scenario. Nel 1809 pubblicò una “Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi incisi all’acqua forte”, in cui rappresentò vari costumi romani e laziali, come dicono i titoli delle stampe: “la vendemmia”, “il saltarello”, “il gioco di mora”, “lite di Trasteverini”, “li pifferari” ecc... Tra i costumi delle popolazioni della Campagna Romana di particolare interesse ed attrattiva sono quelli dei paesi di Frascati, Albano, Nettuno, Tivoli e Cervara. Del 1810 è una “Nuova raccolta di cinquanta motivi pittoreschi e Costumi di Roma”,


anche in questa sono ritratti abiti e costumi tradizionali. Del 1819 è la “Raccolta de’ Costumi di Roma e suoi contorni. Primi pensieri di Bartolomeo Pinelli da lui inventati ed incisi nell’anno 1815 e pubblicati ora per la prima volta dedicati al sig. Cavaliere Alessio Francesco Artaud”. Nel 1822, in 25 tavole, uscite con il nome di ”Costumi diversi inventati ed incisi da Bartolomeo Pinelli”, rappresentò le varie feste romane, i giochi più in voga nella Roma papalina e scene della vita contadina. Nel 1823 pubblicò la “Nuova Raccolta di Cinquanta Costumi de’ contorni di Roma, compresi diversi fatti di briganti disegnati ed incisi all’acqua forte da Bartolomeo Pinelli cominciata l’anno 1819 compiuti nel 1822”. Nel 1831, infine, ripropose in 56 tavole i “Costumi di Roma incisi da Bartolomeo Pinelli romano”.

Bartolomeo Pinelli: Autoritratto per frontespizio di una sua pubblicazione

A questo proposito, di tutta l’opera di Bartolomeo Pinelli, il contemporaneo Oreste Raggi ebbe a scrivere: “Sono i costumi importantissimi per le istorie de’ popoli e valgono a mostrare ai posteri, i riti, le feste, i giuochi, non che le fogge di vestire, le maniere tutte di pubblico e privato vivere e il grado della civiltà loro. Nella nostra Italia ne ha di bellissimi e segnatamente nei paesi non lungi da Roma, come sono Albano, Tivoli, Nettuno, Sonnino ed altri (..). Il nostro Pinelli adunque in ritrarre simili costumi per naturalezza e semplicità fu sommo e non ebbe né avrà forse mai chi in ciò lo pareggi”. Come sopra accennato la Roma classica, con i suoi ruderi imperiali, il Foro Romano, il Colosseo, fa da sfondo alle scene nelle quali si muovono i personaggi popolari contemporanei dell’artista: questo crea un effetto particolare a chi ammira quelle figure vive, a volte fin troppo, muoversi in scenari apparentemente fermi nel tempo. Quei popolani erano infatti, come il Pinelli stesso, orgogliosi della loro origine e lui si recava a Campo Vaccino per incontrarli ed assurgerli a suoi “modelli”: i popolani di Trastevere, di Monti, della Regola, erano popolani dall’aspetto particolarmente fiero, austero, spesso indisponente e gli artisti stranieri li elessero a modelli per le loro tele (in particolare, proprio per la bellezza delle proprie donne, divenne famoso un piccolo paesino della Ciociaria, Anticoli Corrado, le cui donne, per tutto l’Ottocento, fecero da modelle a pittori e scultori. Nella prima metà dell’800 Anticoli venne "scoperto" dai pittori arrivati a Roma dall’Europa settentrionale i quali, alla ricerca di paesaggi e di atmosfere, si inoltrarono nella campagna romana ed affittarono in paese vecchie stalle trasformandole in studi d'arte. Ancora nel 1935 un censimento ne contava ben 55. La forte presenza di artisti portò al consolidamento dei rapporti tra questi ed i contadini, frequenti furono i matrimoni con le giovani donne che si prestarono come modelle. Tra i primi ad arrivare ad Anticoli sono Ernst Stuckelberg, di Basilea, che nel 1858 vi si stabilì per alcuni mesi; i pittori danesi Niels Andreas Bredal, Oluf Kristian Host e Carl Otto Haslund. Tra i primi artisti italiani sono Augusto Corelli, Augusto Bompiani, Carlo Randanini, Alessandro Morani, Nino Costa e probabilmente Jean–Baptiste–Camille Corot, autore di "Agostina" nel 1886, opera conservata alla National Gallery di Washington ispirata probabilmente a una giovane donna di Anticoli. Ed ancora Mariano Barbasàn Laguerela, spagnolo di Saragozza che dipinse ad Anticoli per circa 40 anni prima di tornare nella città natale, ma solo dopo aver sposato la modella di Saracinesco Rosa Lucaferri. Augusto Luiz de Freitas, brasiliano di origine portoghese, visse ad Anticoli con la moglie e le figlie per un lunghissimo periodo, interrotto solo da spostamenti temporanei a Roma o in patria, lasciando centinaia di opere che rappresentano scorci e scene di vita anticolane. Alla fine dell’800 scoprono Anticoli anche Adolfo De Carolis e Giulio Aristide Sartorio. Il primo, pittore e xilografo marchigiano, sposò nel 1902 a Firenze, dove era insegnante all’Accademia di Belle Arti, Quintilina (Lina) Ciucci, un’anticolana conosciuta a Roma. Sartorio tornerà sul finire del 1918 per girare la scena finale del film "Il mistero di Galatea", da lui scritto diretto e interpretato e nel quale utilizza abitanti del luogo come attori.
Tornando al Pinelli, teneva moltissimo ad autodefinirsi “romano” (il termine è infatti da lui stesso usato nella raccolta del 1831), ma ancor più teneva al nomignolo che si portò dietro per tutta la vita: “er pittor de Trastevere”. Trastevere, popolare rione sulla sponda destra del fiume, zona nella quale originariamente venivano “emarginati” i delinquenti e gli ex galeotti, era il rione più “romano” di tutti i quattordici vecchi rioni di Roma, popolato da gente di una razza boriosa, superba, violenta ma al tempo stesso dagli ideali fortemente cavallereschi, che tuttavia non disdegnava di ricorrere quasi quotidianamente al coltello a serramanico per dirimere questioni e screzi. Ed in effetti i “Trasteverini”, da sempre in acerrima competizione soprattutto con i “dirimpettai Monticiani”, erano “afflitti” da un complesso di superiorità nei confronti degli abitanti degli altri rioni. La popolazione era “poco edita a mestieri che limitassero comunque la sua libertà: i più erano carrettieri a vino, facchini, scalpellini, piccoli mercanti e portavano costumi dai vivaci colori, alti cappelli adorni di nastri, giacchette di velluto. Intorno ai fianchi una larga fascia rossa, in cui era infilato il coltello”. Nel novembre 1781 Napoleone stava invadendo l’Italia facendo man bassa di opere d’arte inestimabili e di oggetti preziosi dei palazzi nobiliari, dei musei e delle gallerie, sequestrando, con la scusa di fare il repulisti dei luoghi di clausura e liberare i reclusi e le recluse volontarie, i beni ed i tesori dei conventi e dei santuari. Da una dittatura di preti, peraltro corrotta e tollerante, si stava passando alla dittatura francese, rivoluzionaria a casa sua e reazionaria nei territori occupati. Anche i liberali ed i borghesi romani, che avevano aderito entusiasticamente agli ideali francesi, si sarebbero poi ricreduti sulla “rivoluzione francese”, delusi dalle ruberie e dalle prepotenze delle truppe dell’occupazione. Proprio dal tipo del soldataccio francese, spaccone e prepotente, nasceva in quel periodo a Roma la maschera di Rugantino, vestito da militare francese, con il cappello a tre punte, alla napoleonica; un’evidente caricatura dell’invasore d’oltralpe: millantatore, grande eroe a parole, ma pusillanime e vigliacco ai fatti. Proprio per sfuggire a questa situazione Pinelli visse due mesi nella capanna di una bella contadina, a contatto con la dura ma rilassante realtà dei rozzi pastori della Campagna Romana, spesso alleati ed in combutta con i briganti che allora infestavano i dintorni di Roma. Pinelli prese a documentare dal vivo, come un fotoreporter appassionato e scrupoloso, le vedute campestri, i costumi popolari, gli appassionanti scenari della Campagna Romana, allora tappa obbligata degli artisti stranieri in visita o in soggiorno di studio a Roma per un’insostituibile ricerca di ispirazione artistica, secondo l’imperante ideale romantico. Fu quella, per lui, un’esperienza fondamentale, poichè da allora s’interessò appassionatamente della Campagna Romana, tanto che partiva spesso da Roma, da solo o in compagnia dell’amico Kaiserman, per documentare i vari aspetti della vita popolare nei suggestivi paesi circostanti: dal Viterbese ai Castelli Romani, da Tivoli a Sonnino, da Frascati ad Albano, da Chieti alla Ciociaria. Del 1811 è “L’Eneide di Virgilio, tradotta da Clemente Bondi, inventata ed incisa all’acquaforte da Bartolomeo Pinelli Romano”; nel 1812 l’“Istoria generale dei popoli della Grecia”, di Maria Fulvia Bertocchi. In tutte queste raccolte di illustrazioni, Pinelli non mancava mai di inserire il suo autoritratto, almeno nel frontespizio. Così il frontespizio calcografico figurato della “Nuova Raccolta di cinquanta motivi pittoreschi/e costumi di Roma, incisa all’acquaforte da/Bartolomeo Pinelli romano/In Roma 1810/Presso Lorenzo Lazzari alle Convertite n.180”, riporta il suo autoritratto di tre quarti, ammantato, con il toccalapis nella destra.

Bartolomeo Pinelli: Autoritratto campagnolo

Dove il narcisismo di Pinelli superò se stesso fu nelle tavole de “La Divina Commedia” (1825), dove impersona perfino uno dei protagonisti descritti da Dante. Nel 1816 realizza le illustrazioni per la "Storia Romana" e nel 1821 quelle per la "Storia Greca". Tra il 1822 e il 1823 realizza le cinquantadue tavole per il "Meo Patacca". Morì povero il 1 aprile del 1835 ed il luogo in cui venne sepolto rimane avvolto dal mistero: si ritiene infatti che le sue spoglie siano state imbalsamate ed inumate nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasia in piazza di Trevi. Ma nessuna lapide identifica la salma, per cui è probabile che i resti del pittore siano stati gettati in qualche fossa comune dopo le esequie, dato che Pinelli era ritenuto un laico impenitente, dunque indegno di giacere - per dirla con Belli - accanto alle "frattaje de li papi". La sua opera può essere ammirata quasi per intero al Museo di Roma in Trastevere ed a Palazzo Braschi.

03 aprile 2008

IL PRIX DE ROME - ANTOINE JEAN BAPTISTE THOMAS

Il pittore e litografo Antoine Jean Baptiste Thomas (Parigi 1791 - Parigi 1834), allievo del pittore storico François André Vincent, vinse il “Prix de Rome”, istituito dall'Accademia di Francia nel 1663, nel 1816 e, grazie alla borsa di studio elargitagli, si trasferì a Roma dal novembre del 1816 al dicembre del 1818, in qualità di “Pensionnaire du Roi”.
Il Prix de Rome era infatti una vera e propria borsa di studio, istituita in Francia sotto il regno di Luigi XIV°, per gli studenti che maggiormente risultassero meritevoli nel campo delle arti. Nacque come ricompensa annuale a giovani e promettenti pittori, scultori e architetti che avessero dimostrato il loro maggior talento in una impegnativa competizione ad eliminazione con i propri pari.
Le categorie di gara erano "pittura", "scultura", "architettura" ed "incisione all'acquaforte": nel 1803 venne aggiunta anche "composizione musicale". Ai vincitori veniva data la possibilità di studiare all'Accademia di Francia a Roma, fondata da Jean Baptiste Colbert nel 1666. Per questo gli studenti spesso gareggiavano svariati anni in fila, soffrendo grandemente in caso di mancata vittoria. Jacques-Louis David, poi autore del celebre “Assassinio di Marat”, tentò addirittura il suicidio dopo aver perso la competizione per il terzo anno consecutivo (riuscì poi a rifarsi...). Tra gli artisti più famosi a competere nel campo della pittura, senza raggiungere la vittoria o nemmeno una menzione d'onore, possiamo ricordare Eugène Delacroix, Edouard Manet e Edgar Degas. Per oltre 300 anni è stata la più alta onorificenza a cui un artista di qualsiasi parte del mondo potesse aspirare, dato l'effetto sull'attenzione della stampa internazionale ed il lancio verso la fama e, spesso, lungo la via di carriere artistiche finanziariamente redditizie. La competizione per il premio venne abolita nel 1968 ma la borsa di studio è ancora elargita a giovani artisti che l'Accademia di Francia ritenga meritevoli di incoraggiamento. Oggi numerosi Paesi offrono i prix de Rome: tra questi il Belgio, il Canada, l'Olanda. Negli Stati Uniti d'America un premio annuale è offerto direttamente dall'Accademia Americana a Roma.
Oltre Roma Thomas visitò gran parte dell’Italia, anche se gli scenari che più lo colpirono nei sentimenti furono quelli della città eterna e della circostante campagna. Nel corso del suo soggiorno romano eseguì una serie di tavole e schizzi dal vero che tratteggiano aspetti popolari o religiosi, costumi, usanze e scene di vita cittadina e della campagna romana. Queste tavole, a tempera ed acquerello, vennero raccolte nell’opera intitolata "Un an à Rome et dans ses environs", che consta di 72 tavole litografiche divise in 12 parti corrispondenti ai mesi dell'anno, per ognuno dei quali furono scelte delle immagini significative. Quasi un moderno calendario, la raccolta offre uno straordinario spaccato dell’epoca, con la rappresentazione delle feste religiose e delle solennità civili che avevano luogo durante l’arco dell’anno. Così, ad esempio, nel mese di febbraio ci viene presentato il Carnevale, in quello di giugno la festa del Corpus Domini, il gioco del pallone e l’infiorata di Genazzano, in quello di agosto l’allagamento di piazza Navona, in quello di ottobre i divertimenti del popolino a Testaccio.
I festeggiamenti del carnevale romano, in particolare, hanno colpito profondamente tutti gli stranieri che vi si siano trovati coinvolti, anche in qualità di semplici spettatori. Tali festeggiamenti si tenevano nella settimana precedente la Quaresima ed erano rigidamente regolamentati dalle autorità papali. Ogni anno, infatti, si rinnovavano gli avvisi ed i bandi volti a tenere sotto controllo ed a circoscrivere la trasgressione carnevalesca. Il carnevale aveva, infatti, con le sue feste ed i suoi veri e propri riti, una funzione liberatoria sia per il popolo che per l'aristocrazia: migliaia di persone appartenenti a diverse classi sociali si mescolavano indistintamente per le strade del centro storico durante questa settimana di festeggiamenti. L’esibizione delle maschere, gli scherzi, le battaglie dei “confetti” (in realtà delle palline di gesso), le sfilate dei carri allegorici, i "moccoletti", le corse dei cavalli bàrberi, si svolgevano principalmente sulla Via Lata, proprio per questo successivamente detta "del Corso", e nelle stradine adiacenti, nelle quali nel 1466 papa Paolo II° aveva trasferito la festa da piazza Navona e da Testaccio, fino ad allora luoghi deputati per le feste carnevalesche.

Thomas - Il Carnevale Romano

Bartolomeo Pinelli - Scena del Carnevale Romano

Caffi - Carnevale al Corso

L’ultimo giorno di Carnevale, con i "moccoletti", il più grande avvenimento di tutti i festeggiamenti, si evocava di fatto il richiamo della morte e, ancora più che nei giorni precedenti, l’azzeramento delle differenze di censo, sesso e classe sociale tra i partecipanti. Ognuno doveva mantenere acceso il suo "moccolo", la candela che aveva in mano racchiusa in un piccolo paralume di carta, e, nel frattempo, cercare di spegnere quello degli altri. Chiunque, nobile o popolano, rimaneva "senza moccolo" diveniva bersaglio di ingiurie alle quali non poteva reagire.
Inutile dire che, nella concitazione del gioco, spesso la festa finiva in rissa: per questo le autorità papali stabilirono un preciso orario di fine festeggiamenti, anche perchè dalle prime luci del giorno successivo iniziava la Quaresima e spesso nelle chiese si recavano popolani e nobili ancora ubriachi o malconci (a quei tempi era obbligatorio partecipare a tali funzioni religiose, pena punizioni severe da parte delle autorità), e questo cozzava fortemente con l'austerità della ricorrenza religiosa. La Quaresima, infatti, ricorda i 40 giorni trascorsi da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo ed è caratterizzata da rigorose forme di penitenza e preghiera.

Caffi - Li Moccoletti

Caffi - Scena del Carnevale ai Moccoletti

Insieme a quella di Bartolomeo Pinelli, e prima dell’avvento della fotografia, l’opera di Thomas è quindi un documento fondamentale per la conoscenza delle tradizioni popolari e dei costumi di Roma nella prima metà dell’Ottocento: in particolare per quanto concerne i costumi femminili, gli abiti delle confraternite, i fuochi artificiali durante le feste e le celebrazioni, le corse dei cavalli, le danze popolari. A partire dagli anni ’40 dell’800 risalgono le prime deliziose fotografie in bianco e nero che, una volta stampate, venivano colorate all’acquerello per rappresentarci i colori dei costumi popolari di Roma e della sua campagna.
Fin dalla metà del Cinquecento i fuochi d’artificio, entrati nella tradizione festiva popolare italiana dal XIV° secolo, assunsero il carattere di evento finale di cerimonie pubbliche o private, tornei, cavalcate, vittorie militari, incoronazioni, canonizzazioni, battesimi di principi. In particolare la sera della vigilia della festa dei Santi Pietro e Paolo la basilica di San Pietro veniva ricoperta di lanterne e fiaccole disposte in modo da esaltarne la bellezza e la maestosità. Poiché la prima illuminazione notturna (a gas) di Roma risale al 1856 quella visione era sicuramente di grandissimo effetto sia per i romani che per gli stranieri: un ricordo da tenere per sempre nella memoria. E, proprio per questo, in occasione di tali festeggiamenti si riversava nella città un grandissimo numero di genti provenienti dall’estero o anche solo dalle regioni confinanti. Alla luminaria di San Pietro si contrapponeva la “girandola di Castel Sant’Angelo”. La prima girandola fu probabilmente eseguita già nel 1481 per l’anniversario della salita al soglio pontificio di Sisto IV°. Ne seguirono innumerevoli altre per l’incoronazione dei papi, per i loro compleanni, per le visite ufficiali a Roma dei principi e, come detto, in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo. Nel 1851 la girandola venne trasferita sul piazzale del Pincio.

Wright - Girandola a Castel Sant'Angelo

Caffi - Girantola a Castel Sant'Angelo

Come molti stranieri in visita a Roma o, più generalmente in Italia (proprio loro diedero vita al celebre “Grand Tour”), Thomas raccolse un gran numero di minuziose annotazioni, con le quali accompagnò le sue litografie (direttamente derivate dai veloci bozzetti eseguiti ad acquerello). Con commenti precisi e dettagliati, ad esempio, ci descrive la danza popolare allora più ballata a Roma: il Saltarello. «Il ballo caratteristico negli Stati Romani si chiama salterello o saltarello. (...) Di solito si balla in due, al suono della chitarra o del tamburo. (...) E' una scena completa di dichiarazione d'amore. Saltando e girando l'uno intorno all'altro, i ballerini esprimono uno per volta la passione che fingono di avere, il desiderio di piacere, la gioia o il dispiacere, la gelosia e la speranza; infine il ballerino mette un ginocchio per terra per commuovere la sua cara, che si avvicina a lui progressivamente, sempre ballando; quando lei s'inchina con un sorriso, come per chiedere un bacio, l'amante si rialza trionfante e qualche salto vivo e leggero conclude la pantomima. (...)». Caratteristica del saltarello, una danza d'improvvisazione gioiosa ma faticosa, era il passo saltato o bilanciato, eseguito saltando ora su un piede ora sull'altro, sul posto o spostandosi in avanti o indietro oppure girando su se stessi. I passi si susseguivano serrati e frequenti. Unica figura obbligata era il salto, che di tanto in tanto veniva eseguito più vivacemente e sottolineato da un colpo deciso del tamburello. La danza comprendeva continui movimenti con i piedi ma anche con le braccia: alzate in alto, con le mani sui fianchi, prendendo il grembiule (per la donna) con una mano o agitandolo disteso davanti a sé con le due mani. A Roma generalmente i ballerini danzavano separati mentre nella campagna romana ballavano invece affiancati, appoggiando il braccio interno l'uno sulla spalla dell'altro oppure intrecciando le braccia dietro il corpo. Il saltarello si ballava in occasione delle feste ma anche nelle osterie e all'aperto, durante le gite fuori porta, in qualunque ora del giorno ed in ogni stagione: era una vera rappresentazione di gioia e di libertà.

Saltarello a Piazza Barberini

Pinelli - Saltarello fuori porta

Alcune delle tavole del Thomas furono in seguito tradotte in litografia da François Le Villain ed edite a Parigi nel 1823 e poi ancora nel 1830. Tornato in patria continuò a dipingere quadri di soggetto storico, mitologico e religioso.
Il Gabinetto Comunale delle Stampe (sito in Palazzo Braschi, sede del Museo di Roma) possiede i 142 disegni originali e vari esemplari, sia sciolti sia rilegati, delle 72 litografie che compongono il volume. E’ possibile visionarli previo appuntamento.

ELENCO DEI VINCITORI DELLE VARIE CATEGORIE DEL PRIX DE ROME

ARCHITETTURA
1725 : Pierre-Étienne Le Bon
1732 : Jean-Laurent Legeay
1749 : François Dominique Barreau de Chefdeville
1752 : Charles De Wailly
1758 : Mathurin Cherpitel e Jean-François-Thérèse Chalgrin
1766 : Jean-François Heurtier
1785 : Pierre-François-Léonard Fontaine
1786 : Charles Percier
1805 : Auguste Guenepin
1819 : Martin-Pierre Gauthier
1823 : Félix Duban
1824 : Henri Labrouste
1833 : Victor Baltard
1837 : Jean-Baptiste Guenepin
1840 : Théodore Ballu
1847 : Jules Eugène Lenepveu
1848 : Charles Garnier
1850 : Victor Louvet
1861 : Constant Moyaux
1864 : Julien Guadet
1870 : Albert-Félix-Théophile Thomas
1878 : Victor Laloux
1880 : Charles Girault
1881 : Henri Deglane
1886 : Albert Louvet
1888 : Albert Tournaire
1890 : Emmanuel Pontremoli
1892 : Guillaume Tronchet
1899 : Tony Garnier
1902 : Henri Prost
1912 : Jacques Debat-Ponsan
1919 : Jacques Carlu
1923 : Jean-Baptiste Mathon
1927 : André Leconte
1928 : Georges Dengler
1938 : Henry Bernard
1939 : Bernard Zehrfuss
1945 : Jean Dubuisson
1950 : Xavier Arsène-Henry
1955 : Ngô Viet Thù
1956 : Michel Folliasson
1966 : Bernard Schoebel
1967 : Daniel Kahane

PITTURA
1663 : Pierre Monier
1673 : Louis de Boullogne il giovane
1682 : Hyacinthe Rigaud
1688 : Daniel Sarrabat
1699 : Pierre-Jacques Cazes
1709 : Watteau
1720 : François Boucher
1721 : Charles-Joseph Natoire
1724 : Carle van Loo
1727 : Pierre-Hubert Subleyras
1734 : Jean-Baptiste Marie Pierre
1736 : Noël Hallé
1738 : Charles Amédée Philippe van Loo
1741 : Charles-Michel-Ange Challe
1752 : Jean-Honoré Fragonard
1756 : Hughes Tarav
1758 : Jean-Bernard Restout
1765 : Jean Bardin
1766 : François-Guillaume Ménageot
1767 : Jean Simon Berthélemy
1768 : François-André Vincent
1769 : Joseph Barthélémy Le Bouteux ePierre Lacour
1770 : Gabriel Lemonnier
1771 : Joseph-Benoît Suvée
1772 : Pierre-Charles Jomber e Anicet Charles Gabriel Lemonnie
1773 : Pierre Peyron
1774 : Jacques-Louis David
1775 : Jean-Baptiste Regnault
1776 : Bénigne Gagneraux
1778 : Charles-Édouard Chaise
1780 : Jean-Pierre Saint-Ours
1782 : Antoine-Charles-Horace Vernet
1783 : François Gounod
1784 : Jean-Germain Drouai eGuillaume Guillon Lethière
1787 : François-Xavier Fabre
1789 : Girodet-Trioson e Charles Meynier
1790 : Jacques Réattu
1792 : Charles Paul Landon
Interruzione per la Rivoluzione francese
1797 : Pierre-Narcisse Guéri, Louis André Gabriel Bouchet e Pierre Bouillon
1798 : Fulchran-Jean Harriet
1800 : Jean-Pierre Granger
1801 : Jean Auguste Dominique Ingres
1802 : Alexandre Menjaud
1803 : Merry-Joseph Blondel
1804 : Joseph-Denis Odevaere
1805 : Félix Boisselier
1807 : François Joseph Heim
1808 : Alexandre-Charles Guillemot
1809 : Jérôme-Martin Langlois
1810 : Michel-Martin Drölling
1811 : Abel de Pujol
1812 : Louis-Vincent-Léon Pallière
1813 : François-Edouard Picot
1815 : Jean Alaux
1816 : Antoine-Jean-Baptiste Thomas
1817 : Léon Cognie e Achille Etna Michallon
1820 : Amable-Paul Coutan
1821 : Joseph-Désiré Court e Jean-Charles-Joseph Rémond
1824 : Charles Philippe Larivière
1825 : André Giroux
1830 : Emile Signol
1831 : Henry-Frédéric-Schopin
1832 : Antoine Wiertz, Hippolyte Flandrin
1833 : Gabriel Prieur
1834 : Paul Jourdy
1837 : Thomas Couture e Eugène-Ferdinand Buttura
1838 : Isidore Pils
1839 : Ernest Hébert
1840 : Pierre-Nicolas Brisset
1842 : Victor Biennourry
1844 : Félix-Joseph Barrias
1845 : Alexandre Cabanel e Jean-Achille Benouville
1847 : Jules Eugène Lenepveu
1848 : Joseph Stallaert; William-Adolphe Bouguereau e Gustave Boulanger
1849 : Gustave Boulanger
1850 : William-Adolphe Bouguereau Paul Baudry
1854 : Felix-Henri Giacomotti e Armand Bernard
1857 : Charles Sellier e Léon Bonnat
1858 : Jean-Jacques Henner
1861 : Léon Perrault e Jules Joseph Lefebvre
1864 : Diogène-Ulysse-Napoléon Maillard
1865 : Jules Machard, André Hennebic e Gustave Huberti
1866 : Henri Regnault
1868 : Édouard-Théophile Blanchard
1869 : Luc-Olivier Merson
1871 : Edouard Toudouze
1873 : Aimé Morot
1874 : Paul-Albert Besnard
1875 : Léon Comerre
1876 : Joseph Wencker
1880 : Henri-Lucien Doucet
1881 : Louis-Edouard-Paul Fournier
1883 : André Marcel Baschet
1884 : Edouard Cabane
1889 : Ernest Laurent
1891 : Hubert-Denis Etcheverr e Adolphe Déchenaud
1894 : Adolphe Déchenaud
1897 - ....
1898 : Jean-Amédée Gibert e William Laparra
1900 : Fernand Sabatté
1906 : Albert Henry Krehbiel
1907 : Louis Léon Eugène Billotey e Émile Aubry ?
1908 : Jean Lefeuvre
1910 : Jean Dupas
1911 : Jean-Gabriel Domergue
1912 : Gabriel Girodon
1913 : Robert Davaux
1914 : Victor-Julien Giraud e Jean Despujols
1919 : Louis-Pierre Rigal
1921 : Constantin Font
1922 : Pierre-Henri Ducos de La Haille
1923 : Pierre Dionisi
1924 : René-Marie Castaing
1925 : Odette Pauvert
1928 : Nicolas Untersteller
1930 : Yves Brayer e Salvatore DeMaio
1934 : Pierre-Emile-Henri Jérôme
1936 : Lucien Fontanarosa e Jean Pinet
1938 : Fernand Sabatte
1941 : Piet Schoenmakers
1942 : Pierre-Yves Trémois
1946 : José Fabri-Canti
1947 : Louis Vuillermoz
1948 : John Heliker
1950 : Paul Collomb
1951 : Daniel Sénélar
1953 : Pierick Houdy
1955 : Paul Ambille
1960 : Pierre Carron
1962 : Freddy Tiffou
1965 : Jean-Marc Lange
1966 : Gérard Barthélemy
1967 : Thierry Vaubourgoin
1968 : Michel Niel Froment

SCULTURA
1673 : Jean Cornu
1680 : Jean Joly
1682 : Nicolas Coustou
1686 : Pierre Legros
1694 : René Frémin
1722 : Edmé Bouchardon
1725 : Jean-Baptiste II Lemoyne
1739 : Louis-Claude Vassé
1748 : Augustin Pajou
1754 : Charles-Antoine Bridan
1757 – Étienne-Pierre-Adrien Gois
1758 : Félix Lecomte
1761 : Jean-Antoine Houdon
1762 : Louis-Simon Boizot
1765 : Pierre Julien
1772 : François-Nicolas Delaistre
1779 : Louis-Pierre Deseine
1784 : Antoine-Denis Chaudet
1790 : François-Frédéric Lemot
1801 : Joseph-Charles Marin e François-Dominique-Aimé Milhomme
1806 : Pierre-François-Grégoire Giraud
1809 : Henri-Joseph Ruxthiel
1811 : David d'Angers
1812 : François Rude
1813 - Jean-Jacques Pradier detto James Pradier
1815 : Étienne-Jules Ramey
1817 : Charles-François Lebœuf detto Nanteuil
1818 : Bernard-Gabriel Seurre
1819 : Abel Dimier
1820 : Georges Jacquot
1821 : Philippe-Joseph-Henri Lemaire
1823 : Augustin-Alexandre Dumont e Francisque-Joseph Duret
1824 : Charles-Marie-Émile Seurre detto "Seurre jeune"
1826 : Louis Desprez
1827 : Jean-Louis-Nicolas Jaley e François-Gaspard-Aimé Lanno
1828 : Antoine Laurent Dantan
1829 : Jean-Baptiste-Joseph Debay
1830 : Honoré-Jean-Aristide Husson
1832 : François Jouffroy e Jean-Louis Brian
1833 : Pierre-Charles Simart
1836 : Jean-Marie-Bienaimé Bonnassieux e Auguste-Louis-Marie Ottin
1837 : Louis-Léopold Chambard
1838 : Nicolas-Victor Vilain
1839 : Théodore-Charles Gruyère
1841 : Georges Diebolt e Charles-Joseph Godde
1842 : Jules Cavelier
1843 : René-Ambroise Maréchal
1844 : Eugène-Louis Lequesne
1845 : Jean-Baptiste-Claude-Eugène Guillaume
1847 : Jacques-Léonard Maillet e Jean-Joseph Perraud
1848 : Gabriel-Jules Thomas
1849 : Louis Roguet
1850 : Charles-Alphonse-Achille Gumery
1851 : Gustave Adolphe Désiré Crauk
1852 : Alfred-Adolphe-Édouard Lepère
1854 : Jean-Baptiste Carpeaux
1855 : Henri-Michel-Antoine Chapu e Amédée-Donatien Doublemard
1856 : Henri-Charles Maniglier
1857 : Joseph Tournois
1859 : Jean-Alexandre-Joseph Falguière e Louis-Léon Cugnot
1860 : Barthélemy Raymond
1861 : Justin-Chrysostome Sanson
1862 : Ernest-Eugène Hiolle
1863 : Charles-Arthur Bourgeois
1864 : Eugène Delaplanche e Jean-Baptiste Deschamps
1865 : Louis-Ernest Barrias
1868 : Marius-Jean-Antoine Mercié e Edme-Antony-Paul Noël
1869 : André-Joseph Allar
1870 : Jules-Isidore Lafrance
1871 : Laurent-Honoré Marqueste
1872 : Jules Coutan
1873 : Jean-Antoine-Marie Idrac
1874 : Jean-Antoine Injalbert
1875 : Jean-Baptiste Hugues
1876 : Alfred-Désiré Lanson
1877 : Alphonse-Amédée Cordonnier
1878 : Edmond Grasset
1879 : Léon Fagel
1880 : Émile-Edmond Peynot
1881 : Jacques-Théodore-Dominique Labatut
1882 : Désiré-Maurice Ferrary
1883 : Henri-Édouard Lombard
1884 : Denys Puech
1885 : Joseph-Antoine Gardet
1886 : Paul-Gabriel Capellaro
1887 : Edgar-Henri Boutry
1888 : Louis-J. Convers
1889 : Jean-Charles Desvergnes
1890 : Paul-Jean-Baptiste Gasq
1891 : Fran-çois-Léon Sicard
1892 : Hippolyte-Jules Lefebvre
1893 : Aimé-Jérémie-Delphin Octobre
1894 : Constant-Ambroise Roux
1895 : Hippolyte-Paul-René Roussel
1896 : Jean-Baptiste-Antoine Champeil
1897 : Victor Segoffin
1898 : Camille Alaphilippe
1899 : André-César Vermare
1900 : Paul-Maximilien Landowski
1901 : Henri Bouchard
1919 : Alfred Janniot, Raymond Delamarre e César Schroevens
1932 : Henri Lagriffoul
1934 : Albert Bouquillon
1935 : Alphonse Darville
1936 : André Greck
1947 : Léon Bosramiez
1954 : Jacqueline Bechet-Ferber

INCISIONE
1906 : Henry Cheffer
1910 : Jules Piel
1911 : Albert Decaris
1920 : Pierre Matossy
1921 : Pierre Gandon
1952 : Claude Durrens

MUSICA
1803 Albert-Auguste Androt
1804 Ferdinand Gasse e Victor Dourlen
1805 Victor Dourlen e Ferdinand Gasse
1806 Victor Bouteiller e Gustave Dugazon
1807 Joseph Méhul e François-Joseph Fétis
1819 Jacques Fromental Halévy
1826 Claude Paris, Jean-Baptiste Guiraud e Emile Bienaimé
1827 Jean-Baptiste Guiraud, Guillaume Ross-Despréaux e Alphonse Gilbert
1828 Guillaume Ross-Despréaux e Julien Nargeot.
1829 Eugène Prévost e Alexandre Montfort
1830 Hector Berlioz, Alexandre Montfort eÉdouard Millaut
1839 : Charles Gounod
1846 : Léon Gastinel
1857 : Georges Bizet
1862 : Albert Bourgault-Ducoudray
1863 : Jules Massenet
1879 : Georges Hüe
1880 : Lucien Hillemacher
1881 : Alfred Bruneau e Edmond Missa
1882 : Georges Marty e Gabriel Pierné
1883 : Paul Vidal, Claude Debussy e Charles-René.
1884 : Claude Debussy, Charles-René e Léo Delibes
1885 : Xavier Leroux
1886 : André Gedalge
1887 : Gustave Charpentier
1888 : Camille Erlanger e Paul Dukas
1889- 1896 non attribuito
1897 : Max d'Ollone Bernard Crocé-Spinelli e Florent Schmitt
1898
1899 : Charles Levadé, Edmond Malherbe e bLéon Moreau
1900 : Florent Schmitt
1901 : André Caplet, Gabriel Dupont e Maurice Ravel
1902 : Aymé Kunc, Roger-Ducasse e Albert Bertelin
1903 : Raoul Lappara e Raymond Pech
1904 : Raymond Pech, Paul Pierné e Hélène Fleury-Roy
1905 : Victor Gallois, Philippe Gaubert e Marcel Samuel-Rousseau
1906 : Louis Dumas
1907 : Maurice Le Boucher
1908 : André Gailhard, Louis Dumas, Nadia Boulanger e Edouard Flament
1909 : Jules Mazellier eMarcel Tournier
1911 : Paul Paray
1913 : Lili Boulanger e Claude Delvincourt
1919 : Jacques Ibert
1923 : Robert Bréard
1938 : Henri Dutilleux
1952 : Alain Weber
1962 : Antoine Tisné
1965 : Frédéric van Rossum

Fonti e bibliografia :
E. Bénézit:Dictionnaire des Peintres Sculpteurs Dessinateurs et Graveurs , 1976 Parigi, vol.10 pag.153.
Wikipedia