06 ottobre 2008

CUCINA ROMANA: LE COPPIETTE

Le coppiette sono delle strisce di carne, lunghe da 10 a 20 centimetri e spesse da 1 a 2, che vengono condite con sale, spezie e peperoncino, e fatte essiccare ed aromatizzare per circa due mesi. Originariamente venivano servite dagli osti, come le olive o le "fusaje" (i lupini), nelle fraschette e nelle osterie romane per incrementare la sete degli avventori, ed erano fatte con carne di cavallo o di asino. Dalla metà del 1800 si iniziò a produrle anche con carne ovina mentre attualmente, invece, sono prodotte per lo più con la coscia del maiale (anche se le più caratteristiche e saporite sono sempre quelle di cavallo).

Le coppiette di cavallo


Durante una gita ai "castelli romani", soprattutto d’estate in cerca di fresco, mangiando in una fraschetta di Ariccia o di Frascati, le coppiette sono una immancabile apertura. Le fraschette sono da sempre il punto di vendita istituzionale del vino sfuso e già nel ‘700 erano frequentate dai “fagottari” romani durante le famose “gite fuori porta” o le “ottobrate”. Fornivano soltanto il posto a sedere ed il vino, e spesso erano prive di cucina: per questo gli avventori si portavano da casa il classico “fagotto”, fatto con una tovaglia o una semplice pezza di stoffa annodata, nella quale erano riposte le pietanze cucinate in casa: in genere insalatiere con zuppe di legumi o pasta e fagioli, salumi, formaggi, frutta e pane.
Negli ultimi decenni anche le fraschette dei castelli romani si sono “evolute” e, continuando a fornire il coperto ed il vino della casa, hanno iniziato a proporre anche antipasti (appunto salumi, formaggi, verdure grigliate, sott’olio o sott’aceto, olive condite) ma anche primi piatti come la Gricia, Cacio e pepe, Amatriciana, Carbonara, le fettuccine (o pappardelle) con ragù, sugo di castrato oppure di lepre o di cinghiale. A tutto questo ben di Dio faranno seguito (spesso non è previsto alcun secondo, vista la quantità degli antipasti e della pasta) le immancabili ciambellette al vino con la "Romanella" (un vino frizzante e “traditore”, dolce o secco, rosso o bianco.



Il termine “fraschetta” ha origine in una delle due seguenti definizioni: probabilmente il loro nome deriva dal fatto che ci si sedeva all’aperto sotto un pergolato, una “frasca”, appunto, anche se alcuni etnografi affermano che il termine deriva direttamente dal nome dall'antico borgo di "Frascata", l’attuale Frascati, così chiamato perché nel Medioevo i boscaioli di Tusculum vi costruirono capanne di "frasche". Fatto sta che fin dal 1700 le fraschette erano riconoscibili perché sull’uscio veniva affissa una frasca, cioè un ramo, di ulivo, ma anche di vite o di altre piante. Praticamente una rudimentale insegna. Nella maggior parte dei casi ci si sistemava su grandi tavoloni all’esterno, sedendo su panche di legno o su mastelli e caratelli capovolti (ma spesso anche sdraiandosi sul prato adiacente il locale), poiché l’interno era una vera e propria cantina, con grosse botti lungo le pareti. Il "fenomeno" delle fraschette attira soprattutto folle di giovani, poichè che con pochi euro si può mangiare un bel piatto di pasta “ignorante” in un luogo molto informale, visto che l’apparecchiatura della tavolata, quando c’è, consiste in un foglio di carta a mo di tovaglia.
Fin dagli anni Ottanta sono attive ad Ariccia molte fraschette, almeno una dozzina, mentre a Frascati soltanto negli ultimi 10 anni ne sono state riaperte alcune, anche se con ambizioni più "alte". Ricordo, qualche anno fa, la presenza di una o due fraschette anche a Marino e, addirittura, a Nettuno, a due passi dal mare. E proprio Ariccia ha oramai soppiantato Frascati come “patria” della fraschetta, oltre che della porchetta, tanto che nelle sere estive e nei fine settimana, ma specialmente durante il periodo della "Sagra della Porchetta", il cui momento culminante è il passaggio, per le vie del borgo, del carro con la distribuzione gratuita di panini, il traffico da Roma intasa la Via Appia Nuova e la Tuscolana.



Proprio la porchetta vanta origini risalenti a ben 3.000 anni fa, quando il popolo dei Prisci Latini si riuniva ogni anno in una grande festa e offriva in sacrificio maiali e cinghiali al dio Marte. Infatti nei pressi della cittadina di Ariccia, circondata da boschi di querce e castagni, erano numerosissimi i suini allo stato brado; di qui l’abitudine, per gli abitanti, di consumare carne di maiale cotta allo spiedo. Negli ultimi anni, a seguito della nascita di tante tipologie e denominazioni, e per la tutela del prodotto territoriale, i diversi produttori di porchetta, della zona di Ariccia e dei castelli romani, si sono riuniti in un vero e proprio Consorzio di Tutela, anche se ogni produttore continua a custodire gelosamente la propria ricetta segreta. Di base, però, il maialino, rigorosamente sotto l’anno di vita, è preparato allo spiedo dopo essere stato aromatizzato con sale, pepe, aglio, finocchio selvatico ed altri aromi, variabili per genere e quantità da produttore a produttore. Tipico cibo da companatico, immancabile nelle feste di paese o durante la preparazione casalinga dei pomodori o la vendemmia, che notoriamente coinvolgono tutta la famiglia riunita, la porchetta, da mangiare rigorosamente tra due fette di pane casereccio dopo averla leggermente riscaldata per farne sciogliere il grasso e renderla ancora più gustosa, si trova, oramai, anche nei supermercati di ogni città.



Tornando alle “coppiette” non possiamo esimerci dal ripetere che, originarie della Ciociaria (ed in particolare dei paesi di Guarcino e Vico nel Lazio), la loro principale “funzione” era quella di incrementare la sete degli avventori delle osterie, con il conseguente aumento di consumo delle “fojette”, le caraffe da mezzo litro in cui veniva servito il vino sfuso (i diversi contenitori in cui era servito il vino, si distinguevano, in base ad un preciso editto papale, promulgato il 15v Luglio 1588 da Papa Sisto V°, per le diverse capacità ed i relativi nomi erano: "Er Barzilai" (2 litri - termine derivato dal cognome di un politico romano di fine '800, Salvatore Barzilai, che, in campagna elettorale, era solito offrire ai possibili elettori grandi quantità di vino), "Tubo" o "Tubbo" (1 litro), "Fojetta" (mezzo litro), "Quartino" (un quarto di litro), "Cirichetto" (un quinto di litro) "Sospiro" o "Sottovoce" (un decimo di litro, equivalente ad un bicchiere). Pur avendo una commercializzazione sicuramente inferiore a quella della porchetta le coppiette sono ancora un “piatto forte” nella ristorazione di Ariccia e dei castelli romani ma anche in alcuni comuni della provincia di Frosinone.

Coppiette di maiale (più rosse rispetto a quelle quasi marroni di carne equina)

A differenza di quelle originarie, fatte come detto con carne equina, le coppiette “moderne” sono perlopiù di coscia di maiale, mentre non si producono praticamente più con carne ovina. Le strisce di carne, di cavallo o asino (o più recentemente di maiale), vengono condite con sale, peperoncino e spezie (spesso finocchio selvatico e rosmarino), quindi infilzate con spaghi e canapa a due a due e messe a stagionare per circa due mesi dopo essere state sottoposte ad un processo di affumicatura (una volta si mettevano direttamente nei camini delle case); questo tipo di preparazione si rendeva necessario per poter essiccare la carne e potersela portare dietro mentre ci si recava nei pascoli con le proprie greggi: era un cibo povero, sostanzioso e saporito, che ben si accompagnava ad una fetta di pane casereccio e ad un, immancabile, fiasco di vino.
I moderni procedimenti industriali prevedono che vengano cotte per circa 40 minuti in appositi forni (una volta venivano cotte nei forni a legna) e, dopo aver eliminato il liquido di cottura ed il grasso in eccesso, colato con la prima cottura, si procede ad una nuova infornata, di circa un’ora. Una volta tolte dal forno di lasciano asciugare anche per uno o due giorni e poi, legate a due a due, vengono poste a stagionatura per circa sessanta giorni (anche con una eventuale affumicatura, soprattutto per quelle di carne equina). Una preparazione alternativa, ma alquanto rara, delle coppiette consiste nel porle quattro o cinque giorni sotto vino, mettendole poi ad essiccare per circa mezza giornata e procedendo alla successiva stagionatura, con o senza affumicatura, per circa due mesi ad una temperatura di circa 12-14 gradi.
A Marcellina, in provincia di Roma, nella prima decade di Maggio si svolge la Sagra delle Coppiette.

Fotografie tratte da Internet