23 dicembre 2010

ROMA CURIOSA: ER NOCCHILIA

Una delle tante leggende romane riguarda "Er Nocchilia", un personaggio fantastico, in realtà più un mostro antropomorfo, che sarebbe nientemeno che la personificazione "unificata" del patriarca (padre di Matusalemme nonché bisnonno di Noè) Enoch e del profeta Elia.
Questi due personaggi biblici, nel corso dei secoli, sono stati addirittura "fusi", nelle dicerie e nelle leggende del popolo romano, in un unico essere, come dice il suo stesso nome che, citato perfino dal poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli nel suo sonetto "La fin der Monno", tornerà in vita per combattere, alla fine dei tempi, l'Anticristo.

Come saranno ar monno terminate
le cose c'ha ccreato Ggesucristo,

se vederà ussci' ffora l'Anticristo

predicànno a le ggènte aridunàte.

Vierà ccor una faccia da torzate,

er corpo da ggigante e ll'occhio tristo:
e pper un caso che nun z'è mmai visto,
nasscerà da una monica e dda un frate.

Poi, pe' combàtte co' 'sta bbrutta arpia,

tornerà da la bbùscia de San Pavolo *
dopo tanti mil'anni er Nocchilia.

E, appena usscito da l'Inferno er diavolo

a spartisse la ggente cor Messia,
resterà er Mònno pe' sseme de cavolo.

(Giuseppe Gioachino Belli - 25 Novembre 1831)


* Secondo la leggenda del popolo romano Enoch ed Elia ("er Nocchilìa") usciranno da una "buca" situata (o, meglio, che si formerà) nei pressi della Basilica di San Paolo Fuori le Mura.
Lo stesso Belli, infatti, annota a margine del suo sonetto: "Credenza romanesca, che da un buco, sconosciuto, presso la Basilica di San Paolo usciranno Enoc(h) ed Elia, chiamati dal popolo con un solo vocabolo "er Nocchilia"".


In realtà, come già riportato nella descrizione della Festa di San Giovanni, altre credenze ritenevano che il Nocchilìa "dormisse" sotto la Scala Santa, appunto nei pressi della Basilica di San Giovanni in Laterano, e non nei pressi di San Paolo, ed è per questo che la festa doveva svolgersi, per tradizione, con gran partecipazione di popolo ma senza troppi schiamazzi, per non svegliare "er Nocchilia" ed anticipare, così, la fine del mondo... Cosa pressochè impossibile conoscendo il popolo romano e considerando che durante la festa di "San Giovanni de Giugno" la gente accorreva nelle osterie allestite nella piazza della basilica per mangiare le lumache in umido (che, con le loro corna, simboleggiavano il Diavolo e che, venendo mangiate, lo esorcizzavano, permettendo a chi aveva avuto, nel corso dell'anno, motivi di screzio, di far pace, facendo trionfare la concordia), per vedere i fuochi, per ascoltare le note ed i canti dei "carciofolari abruzzesi" (complessini composti da due arpe, un violino ed un triangolo), per giocare con le "spighette" per scacciare le streghe "di passaggio" in viaggio verso il noce di Benevento e, non da ultimo, per ubriacarsi e darsi alla pazza gioia (anche dal punto di vista sessuale).
Se poi si pensa che dal 1891 al 1931 in concomitanza con la Festa delle Lumache, sulla piazza della basilica, si è svolto il Festival della Canzone Romana, siamo veramente al parossismo.

Tra l'altro, come vedremo, San Giovanni Apostolo, Enoch ed Elia non vedranno mai la morte poichè saranno direttamente "assunti in cielo" da Dio. E questo è un ulteriore legame, tra i tre personaggi, che ci fa pensare ad una "licenza poetica" del Belli quando si riferisce alla Basilica di San Paolo piuttosto che a quella di San Giovanni.
Perfino Gigi Zanazzo ci fa una descrizione particolareggiata del luogo in cui si troverebbe il Nocchilìa:

"In de la cappèlla grànne de la Scala Santa, si guardàte per aria a ddritta de l'artare maggiore, vvèdèrete du' ferate indorate. Mbe' llì drento, da sì ch'er mònno è mònno, ce stanno rinchiusi li profeti "Nocche e Llia".
Gnisuno cià ppotuto mai vèdècce drento, perchè cchi ss'azzarda da entracce, mòre subbito, mòre. Anzi un papa che cc'ebbe l'arditanza de guardàcce drento, ammalapèna ce provò arimàse cèco. E si nun era papa sarebbe morto de nètto.
Dice che queli du' profeti, Nocche e 'Llia, staranno chiusi lì ddrento insinenta che ar Signore nu' je pijerà ll'estro de fa' vveni' la fine del mònno. Quanno sarà, allora usciranno de fòra, e sse metteranno a ppredica' e a profetizza' ch'er mònn sta ppe' ffini', che bbisogna fa' ppinitenza e nun bbisogna che li cristiani dieno udienza a ll'Anticristo, che ppuro lui, in quer frattempo, se metterà a predica' ppe' tutte le piazze".


La curiosissima unione dei due personaggi in un unico essere soprannaturale, in fondo, non è tanto campata in aria in quanto entrambi i personaggi biblici, Enoch ed Elia, hanno avuto la stessa sorte: di Enoch nelle sacre scritture ne troviamo addirittura due ed entrambi possono aver dato il loro contributo alla leggenda romana. Il nome Enoch, infatti, significherebbe "sacrificio" e starebbe ad indicare i sacrifici rituali che venivano effettuati in occasione della fondazione di una città, in modo che il fantasma della vittima la infestasse opponendosi a qualunque nemico. Il secondo Enoch, però, è quello che maggiormente ci interessa in quanto, padre di Matusalemme e bisnonno di Noè, non morì (tra l'altro alla veneranda età di 365 anni, ragione per la quale può essere paragonato all'anno solare e, come tale, può darsi che il personaggio biblico sia stato ispirato da una pagana divinità solare precedentemente venerata) ma fu direttamente "preso in cielo", secondo quanto riportato nel "Libro della Genesi" (5, 21-23):


"Enoch visse in tutto 365 anni, e camminò con Dio, poi non fu più veduto perchè Iddio lo prese"


Ed ancona, nel "Nuovo Testamento":

"Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte: e non lo si trovò più perchè Dio lo aveva portato via. Prima infatti di essere trasportato via ricevette la testimonianza di essere stato gradito a Dio".

Addirittura Ludovico Ariosto, nel suo "Orlando furioso", cita Enoch facendolo incontrare, nel Paradiso Terrestre in compagnia di San Giovanni Evangelista (anche lui assunto in cielo, come solo a Gesù successe, per volere divino), al Paladino Astolfo:

"Quivi fu assunto, e trovò compagnia,
che prima Enoch, il patriarca, v'era;
eravi insieme il gran profeta Elia,
che non han vista ancor l'ultima sera..."

Questo particolare dell'assunzione diretta in cielo lo ritroviamo anche per il Profeta Elia, così come riportato nel "Libro dei Re" (Libro 2, 11):

"Elia salì nel turbine verso il cielo su di un carro di fuoco e cavalli fiammeggianti".

Ora non ci resta che vivere così a lungo tanto da ...vedere come va a finire.


09 agosto 2010

ROMA SPARITA: LA META SUDANS

La Meta Sudans, posta tra il Colosseo, l’inizio della Via Sacra e l’Arco di Costantino, era una fontana, risalente, nella sua versione definitiva, all'età flavia (fine del I° secolo d.C.): alta circa 18 metri, di forma tronco-conica ed a pianta centrale, era circondata da una vasca di raccolta delle acque lastricata in travertino e fu edificata probabilmente a pochi metri dal santuario delle "Curiae Veteres" (di cui si parlerà più avanti) e corredata, su uno dei lati minori, di un "sacello compitale" (da "compitum" = incrocio), un altare eretto generalmente nei pressi di crocevia di importanti vie di comunicazione e dedicato ai "Lari" (gli spiriti protettori degli antenati defunti): in questo caso si parla di "Lari Compitales" = Lari degli incroci.
In realtà la fontana sorge a pochissimi metri dai resti
(rinvenuti durante la campagna di scavi promossa dall'Università "La Sapienza" di Roma nel 1986/2003 nella Piazza del Colosseo), di una eguale fontana, anche se più piccola, di epoca anteriore: la più antica si fa risalire all'epoca di Augusto (63 - 14 a.C.), la più recente al periodo di Domiziano (51 - 96 d.C.).
La testimonianza dell'esistenza di una prima Meta Sudans si ha grazie ad una menzione che Lucio Anneo Seneca ne fa nelle sue "Epistulae morales ad Lucilium
(56,4)" , databili al 62/63 d.C..

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La Meta Sudans in una fotografia, ricolorata, del 1890 circa

I suoi resti, testimoniati da diverse stampe del ‘500/‘700 e da fotografie della fine dell’800 e dei primi decenni del ‘900, sono stati demoliti definitivamente tra il 1933 ed il 1936, insieme ai resti della base del Colosso di Nerone (situati a poche decine di metri dalla fontana, tra il Colosseo ed il tempio di Venere e Roma), in concomitanza dei lavori decisi da Mussolini per la costruzione della Via dei Trionfi (l’attuale Via di San Gregorio) e della Via dell'Impero (l’attuale Via dei Fori Imperiali), per permettere sulle summenzionate strade la sfilata delle truppe imperiali durante le sfilate militari.

stampa del 500
Stampa del '500

meta sudans e arco costantino
Stampa del '700

meta sudans a colori

meta sudans e via sacra
Due fotografie, ricolorate, del 1890 circa, la prima, e del 1900 la seconda

ARCHEOLOGIA IN POSA - Dal Colosseo a Cecilia Metella nell'antica documentazione fotografica.

ARCHEOLOGIA IN POSA - Dal Colosseo a Cecilia Metella nell'antica documentazione fotografica.

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Tre fotografie del 1900 e del 1910 circa

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arco e meta sudans
Due fotografie fine degli anni '20 inizio degli anni '30 del 1900

meta sudans 1908 fototeca nazionale

meta sudans 1920 fototeca nazionale
Altre due fotografie del 1920 circa

Già dagli inizi dell’800, nei progetti di riassetto urbano elaborati dall'amministrazione francese (attiva a Roma dal 1809 al 1814, sotto la guida del prefetto Camille De Tournon), era prevista la creazione di una grande area archeologica che potesse valorizzare al meglio i tanti monumenti della Roma antica e, in particolare, con l'ipotesi di riunire le rovine antiche in un grande parco archeologico, nella parte meridionale della città, comprendente il Campidoglio, i Fori, il Palatino ed il Colosseo, fino ad inglobare perfino le vestigia della Via Appia Antica. In particolare attorno al Colosseo doveva essere creata una vera e propria piazza "archeologica" con dei giardini.
Grazie ad una raffigurazione della Meta Sudans, su di una moneta dell'epoca di Tito (80 d.C.) e su altre di periodo successivo, si può far risalire la sua edificazione definitiva a partire da quegli anni.

sesterzio 80 d.C.

sesterzio Tito 80 d.C.
Due Sesterzi di bronzo dell'80 d.C. (imperatore Tito) raffiguranti il Colosseo
con la Meta Sudans, a sinistra, e, a destra, i portici, su due livelli,
che circondavano il preesistente "Stagnum Neronis", o forse le "Terme di Tito"


moneta Gordiano III colosso e meta
Medaglione celebrativo di Gordiano III° (III° secolo d.C.) in cui è raffigurata
la Meta Sudans davanti al Colosso di Nerone (sulla sinistra del Colosseo,
in cui si svolge uno scontro tra un toro ed un uomo su di un elefante, proprio sotto
gli occhi dell'imperatore, seduto al centro delle gradinate)

La Meta Sudans deve il suo nome alla sua particolare forma: "meta" perchè nei circhi dell’antica Roma, dove si svolgevano le corse di bighe e quadrighe, le due “mete”, alle rispettive estremità della pista, erano i pilastri che indicavano il punto attorno al quale si doveva invertire la direzione di corsa, e sudans perché sembrava “trasudasse” acqua. Questo perché l’acqua non sgorgava dalla sua sommità tramite uno zampillo (come alcune errate ricostruzioni riportano) ma fuoriusciva in diversi “rivoli” che, quasi trasudando dall’interno della fontana, delicatamente scendevano lungo i fianchi della struttura conica, velandola, per essere raccolti nella vasca attorno al basamento: per effetto della rifrazione dei raggi del sole sull’acqua la fontana stessa sembrava brillare.

ricostruzione meta sudans

meta sudans - pietro santi bartoli 1699
Due, parzialmente errate, ricostruzioni della Meta Sudans
(la seconda, incisione in rame del 1699, ad opera di Pietro Santi Bartoli)

colosseo
Plastico del Museo della Civiltà Romana con la ricostruzione del
Colosso di Nerone (tra il Colosseo e il Tempio di Venere e Roma, sulla sinistra)
e della Meta Sudans, proprio dietro l'Arco di Costantino


Il luogo della collocazione della fontana, nonché della gemella fatta erigere in epoca augustea circa un secolo prima, sembra aver sempre ricoperto un’importanza simbolica riconducibile alle Curiae Veteres (le antiche “curie”, fondate, secondo la tradizione, da Romolo per ospitare i riti che i rappresentanti delle diverse regioni in cui era divisa la città dovevano svolgere, assieme, in determinati giorni dell’anno, per riaffermare la comune appartenenza degli antichi abitanti dei sette villaggi che, sotto la guida di Romolo stesso, diedero origine alla città di Roma).

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Vista aerea, da pallone aerostatico, degli inizi del '900

Il "Settimonzio" (Septimontium) era una festa che si celebrava in Roma l'11 dicembre, con solenni sacrifici, sulle tre cime del Palatino (Palatium, Germalo, su cui sono stati rinvenuti i resti di un vero e proprio centro abitato risalente al IX° secolo a.C., e la collina della Velia), sulle tre alture dell'Esquilino (Cispio, Oppio e Fagutal, così chiamato perchè ricoperto da alberi di Faggio) e sul Celio (chiamato "Querquetulano" perchè coperto da un vero e proprio bosco di quercie). In particolare, tale celebrazione rievocava il tempo in cui i popoli dei villaggi dei Colli Albani (che da quei monti erano scesi verso la valle del Tevere in cerca di sbocchi commerciali e di maggiori spazi da coltivare o in cui far pascolare le greggi), non costituendo ancora una sola città ma formando una “lega sacrale”, analoga ad altre leghe latine, si unirono nel nome di Roma (che appunto, probabilmente, deve il suo nome al termine etrusco rumon = fiume). L'allargamento della città sul territorio avvenne a poco a poco durante l'età regia, estendendosi verso gli altri colli, fino a raggiungere una certa importanza dopo la conquista e la distruzione di Albalonga, durante il regno di Tullo Ostilio.
Il punto dove sorse la definitiva Meta Sudans sembra quindi, come accennato poco fa, coincidere con l’incrocio degli assi viari che divennero, in età augustea, i limiti di quattro o cinque "regioni" (II Caelimontium - III Isis et Serapis - IV Templum Pacis - X Palatium e, forse, I Porta Capena) ed in particolare sorse sui resti della fontana di epoca augustea, poco meno alta e che subì gravi danni durante gli incendi di Roma del 50 e, soprattutto, del 64 d.C. (che in nove giorni distrusse buona parte della città: divampato dal Circo Massimo, l’incendio distrusse tre delle quattordici regioni di Roma e ne danneggiò gravemente altre sette), fino ad essere poi inglobata nello Stagnum Neronis, il lago artificiale che l’imperatore Nerone fece creare dopo l’incendio e che doveva far parte della nascente "Domus Aurea", la sua principesca residenza privata. I resti della precedente fontana sono stati rinvenuti a circa sei metri di profondità e riportano anche essi una forma cilindrica, anche se in misura inferiore alla Meta Sudans definitiva.
Con la riedificazione della Meta Sudans i Flavi vollero quindi testimoniare l’importanza simbolica e monumentale che il luogo topografico aveva, addirittura, da prima delle stesse origini della città.

Della fontana rimasero, fino al 1936, le fondazioni del “saliente”, a forma di cilindro in calcestruzzo (profondo 10 metri con un diametro di 7) e della vasca. Il tronco di cono costituente la fontana, elevato in cortina laterizia e con un originario rivestimento in marmo, era posto al centro di una vasca di 15,90 metri di diametro, e misurava 7 metri di diametro e 17, circa, di altezza. L’acqua di scolo era convogliata, dalla vasca, direttamente nel sistema fognario della attuale Via di San Gregorio attraverso canalette sotterranee. Malgrado tutti i recenti studi non si è potuto ancora certificare quale fosse la fonte che alimentasse la fontana, anche se la valle dove sorge il Colosseo era solcata dal "Rivo Labicano", un torrente che, dopo poche centinaia di metri, si gettava nel Tevere tra il Circo Massimo e l’Isola Tiberina.

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Il basamento della Meta Sudans agli inizi del '900

La base, rettangolare, della vasca della fontana più antica, impermeabilizzata idricamente tramite cocciopesto (frammenti minutissimi di laterizi realizzati in misura voluta a seconda delle necessità), era lunga circa 12 metri (40 "piedi" romani: 1 piede = 29,64 cm.) e larga circa 5 (16 piedi), mentre il saliente era di circa 16 metri e mezzo (56 piedi).
Gli studi effettuati nel corso degli anni hanno fatto anche supporre che la forma della vasca della fontana, non perfettamente rettangolare, potesse richiamare quella di una nave, a ricordare i successi navali romani del periodo augusteo: la prora rostrata di una nave è, infatti, un elemento architettonico simbolico abbastanza frequente nell'antica Roma, soprattutto in quest'epoca
.
Originariamente la parte saliente della fontana era strutturata in tre parti: quella inferiore, cilindrica e rivestita in marmo; quella di mezzo, tronco-conica, in blocchetti di marmo, era presumibilmente ornata di nicchie e statue; quella superiore, a forma di cuspide conica, poggiante su di una base dodecagonale, aveva sulla sommità, secondo quanto raffigurato sulle monete del tempo, un motivo floreale a tre petali (o una sfera, secondo quanto riportato da altre testimonianze numismatiche) dal quale, presumibilmente, sgorgava l'acqua.
In età costantiniana la Meta fu ornata con la costruzione di un parapetto perimetrale, di cui rimangono visibili parte delle fondazioni anche se, con il passare del tempo ed il sovrapporsi di strati di terra e dei basolati dei rifacimenti viarii, questo venne quasi a scomparire alla vista.
Come accennato la fontana, già restaurata dopo un incendio del 50 d.C., venne riedificata da Domiziano ed ampliata nel IV° secolo; successivamente subì con certezza consistenti danneggiamenti nel corso del Medioevo, poiché appare ritratta già come rovina nelle antiche vedute a stampa del Colosseo.
Gli studi recenti ne hanno documentato la notevole importanza, a livello sia urbanistico che idraulico, nonché dato dirette testimonianze circa gli incendi di Roma del 50 e del 64 d.C. e dei lavori di bonifica effettuati prima per la creazione dello
Stagnum Neronis e poi per l’edificazione delle fondamenta dell’Anfiteatro Flavio.

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Due foto del 1990 circa, all'epoca degli scavi archeologici

La storia di questo, in fondo piccolo ma fondamentale, angolo di Roma è davvero millenaria: i primi riscontri di frequentazione dell'attuale area del Colosseo si hanno fin dall'età Protostorica (II° millennio - VIII° secolo a.C..) grazie al rinvenimento di frammenti di ceramica e dai primi segni di percorsi viarii di una certa importanza (anche se non con una pavimentazione in pietra). Tali infrastrutture (strade in terra battuta e muretti di protezione per i torrenti della valle), unitamente all'edificazione di mura di difesa di un primo nucleo abitativo di una certa importanza (fino alle Mura Serviane), inizieranno ad essere erette nell'età Orientalizzante (VIII° secolo - 580 a.C.) ed in età Arcaica (580 - 500 a.C.). Successivamente, in età Alto, Medio e Tardo-Repubblicana (dal V° al I° secolo a.C.) si hanno evidenze delle prime strade basolate e dei primi impianti fognarii, oltre a tracce di varie ristrutturazioni ed ampliamenti del santuario curiale. In età Augustea avviene, come detto, la prima edificazione della Meta Sudans, delle strade in basolato con veri e propri marciapiedi in travertino, nonchè l'edificazione di case aristocratiche a due piani con tanto di tabernae artigiane ed impianti idraulici. Ulteriori miglioramenti degli impianti stradali ed idraulici si avranno in età Tiberiano/Claudia (14 - 64 d.C.) ma il vero e proprio stravolgimento della zona si avrà a partire dal 64 d.C., anno del grande incendio di Roma (avvenuto nel mese di luglio e che, in quasi 10 giorni, rase al suolo decine di abitazioni e monumenti di diverse regioni romane).
L'imperatore Nerone (l'età Neroniana va dal 64 al 68 d.C.) dispose l'interramento dell'intera zona distrutta dall'incendio e stabilì l'edificazione, in quel luogo, dello "Stagnum Neronis" e della sua residenza privata, la magnifica ed immensa "
Domus Aurea", i cui diversi padiglioni erano collegati tra loro da portici affrescati ed ornati da mosaici.
Nel corso dell'età Flavia (69 - 96 d.C.) lo stagno verrà prosciugato ad al suo posto verrà innalzato l'Anfiteatro Flavio, il Colosseo. L'originaria Meta Sudans verrà sostituita, a pochissimi metri di distanza (per farla trovare esattamente alla congiunzione dei due importanti assi viarii che univano il Colosseo al Circo Massimo e l'Esquilino al Palatino), da una seconda fontana, simile alla prima nella struttura ma di dimensioni maggiori.
In età Adrianeo/Severiana (II° - inizi III° secolo d.C.) l'imperatore Adriano sposterà a valle, a fianco del Colosseo, l'omonimo colosso ed inizierà i lavori per l'edificazione, sulla collina Velia, dell'immenso Tempio di Venere e Roma. In età Massenziano/Costantiniana (inizi del IV° secolo) avviene la parziale ricostruzione del suddetto tempio, danneggiato da un incendio intorno all'anno 300, ed ulteriori lavori di ampliamento ed abbellimento riguarderanno la Meta Sudans. Inoltre, nel 315, Costantino darà il via ai lavori per l'edificazione del suo arco trionfale.
Il danneggiamento degli acquedotti che rifornivano Roma, effettuato da Vitige, re degli Ostrogoti, nel 537, causò gravi danni al sistema idraulico e fognario della zona tanto da causarne, in età Tardo/Antica (IV° - VII° secolo d.C.) il progressivo abbandono. Tale stato di abbandono e depauperamento dei monumenti della zona della valle del Colosseo continuò in età Medievale e Moderna (VII° - XVII° secolo d.C.) con le continue spoliazioni degli stessi dei materiali di pregio, che vennero utilizzati per la realizzazione di altre opere o per l'edificazione e l'abbellimento di palazzi delle famiglie nobili o di chiese romane. Inoltre, nel periodo dal XVI° al XIX° secolo, nella zona dei Fori sorgeranno unità abitative per la classe umile (un vero e proprio quartiere sorto in questi secoli nella zona che va dall'attuale Piazza Venezia al Colosseo verrà raso al suolo nei primi anni del '900, in epoca fascista, per permettere la realizzazione di Via dei Fori Imperiali), ma anche pozzi per l'approvvigionamento idrico, la costruzione di fornaci e perfino la nascita di vere e proprie discariche. A cavallo tra l'età Moderna e quella Contemporanea (XVIII° - XXI° secolo d.C.), con il rinascere dell'interesse archeologico e la nascita di nuove tecniche di restaureo e recupero edilizio, verrà pianificato un progressivo studio e restauro dei monumenti della zona che vide Romolo tracciare il primo solco della Città Eterna.


FONTI:
http://www.tesoridiroma.net/
http://www.fastionline.org/
http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale
Fotografie tratte da Internet

27 luglio 2010

CUCINA ROMANESCA - LE PUNTARELLE

Le puntarelle, su una tavolata romana, non possono proprio mancare: sempre pronte a sgrassare la bocca dopo uno dei classici primi, in genere belli pesantucci, della tradizione romana ed ottimo accompagnamento a qualunque secondo, da una bracioletta d'abbacchio fritta ad una fettina in padella.
Tecnicamente trattasi dei germogli più teneri della "catalogna", o "cicoria asparago a costa larga", che, una volta tolti e "sfilettati" vengono immersi in una insalatiera colma di acqua e ghiaccio. Il freddo li farà arricciare dando ai filetti la loro forma caratteristica.

PUNTARELLE ALLA ROMANA


INGREDIENTI (per 4 persone):
due sacchetti di puntarelle già sfilettate e lavate (circa 700/800 gr.)
uno/due spicchi d'aglio
olio e.v.o. (di buona qualità, circa un bicchiere)
due o tre alicette sott'olio
due rossi d'uovo sodi (per la versione "alla Jajo")
un pizzico di sale ed uno di pepe nero appena tritato
(volendo un cucchiaio d'aceto)

PROCEDIMENTO: disporre le puntarelle, allargandole con le mani, in una capace insalatiera.
In una ciotolina schiacciare, con una forchetta, le alicette, aggiungendo circa un bicchiere (scarso) di olio E.V.O. ed un cucchiaio di aceto. Aggiustare di sale e di pepe aggiungendo anche l'aglio (a seconda dei gusti questo si può schiacciare, dopo avergli tolto la parte centrale, tagliare a piccoli pezzettini o a metà, o anche lasciando intero lo spicchio, in modo da poterlo poi togliere una volta insaporita la salsina.) Si può usare anche dell'olio aromatizzato a freddo proprio con dell'aglio.
Volendo seguire la ricetta di origine romana, però molto più pesante, si dovrebbero pestare a mortaio l'aglio e le alicette diliscate con un cucchiaio di olio, fino a creare una pasta, che andrà poi diluita a piacere con altro olio.
Versare la salsina ottenuta sulle puntarelle e mescolarle per bene.
E' importante anche, a questo punto, lasciarle "decantare" per un'oretta almeno, in modo che le puntarelle possano ammorbidirsi ed impregnarsi del condimento.

La "variante Jajo" prevede che nella ciotolina vengano schiacciati con la forchetta anche due rossi d'uovo sodo oppure che questi vengano sbriciolati con le mani sopra le puntarelle già condite con la salsina.
So che qualcuno arriccerà il naso ma... provare per credere !

08 giugno 2010

ROMA SPARITA: IL COLOSSO DI NERONE

La statua, in bronzo dorato, chiamata “Colosso di Nerone”, in quanto originariamente raffigurante l’imperatore che la fece erigere a sua immagine, fu progettata e costruita dallo scultore Zenòdoro, di origini greche, nella prima metà del primo secolo dopo Cristo, ed era alta oltre 100 “piedi” (110 piedi secondo Plinio il Vecchio, 120 secondo Svetonio o 102 secondo il “Cronografo” del 354 d.C.: quest’ultimo era un calendario illustrato, opera di Furio Dionisio Filocalo. Considerando che l’unità di misura del “piede romano” equivaleva a 29,64 centimetri possiamo dire che la statua fosse alta tra i 30 ed i 35 metri, a seconda delle varie misure riportate dalle diverse fonti: un vero e proprio colosso, appunto, equiparabile, se non probabilmente addirittura superiore, a quello di Rodi, che si stimava fosse alto circa 32 metri).


Alcune fonti riportano anche la misura di 174 palmi” ma il "palmo" era una misura che variava di zona in zona: nell’antico Egitto esso era equivalente alla larghezza del palmo di una mano, quindi a circa otto centimetri. In altre zone europee si sono utilizzate unità di misura simili, con valori tra gli 8 ed i 12 centimetri, mentre in diverse regioni italiane il palmo aveva valori interpretabili come ad esempio la distanza tra le punte del pollice e del mignolo della mano aperta di un adulto: a Napoli valeva circa 26,45 centimetri, a Firenze 29,15 cm., mentre a Venezia, il "palmo antico" era equivalente a 37,74 cm..
Il Colosso Neroniano, come detto, raffigurava l'imperatore che, nella mano destra, reggeva una sfera d'argento rappresentante il mondo (già si presumeva fosse tondo?) e nella sinistra una spada, segno di dominio; questa immagine ci e' pervenuta attraverso monete romane dell’epoca di Tito e di Gordiano III°.

Un sesterzio dell'epoca dell'imperatore Tito (39 - 81 d.C.) raffigura il Colosseo, probabilmente appena innaugurato e del quale si possono riconoscere benissimo gli ordini dei posti; alla sinistra del Colosseo la fontana della Meta Sudans e, sulla destra, i portici che circondavano il preesistente lago, prosciugato per permettere l'edificazione dell'Anfiteatro Flavio.

Ed un medaglione dell'epoca di Gordiano III° (225 - 244 d.C.) che raffigura il Colosseo, nel quale è in corso un combattimento tra animali; sulla sinistra del Colosseo si possono riconoscere la fontana della Meta Sudans e, alle sue spalle, il busto del Colosso di Nerone; sulla destra si riconoscono i portici.

L'imperatore Vespasiano (9 - 79 d.C.) fece sostituire, subito dopo la morte di Nerone, la testa della statua, raffigurante Nerone stesso, con quella del "dio Sole", su cui pose una corona di sette raggi (ogni raggio misurava dodici piedi di lunghezza, quindi oltre 3 metri e mezzo).
In origine la statua era situata nel vestibolo (zona di un palazzo dalla quale si ha accesso ad altri ambienti) della Domus Aurea, la residenza neroniana edificata a cavallo dei colli Palatino, Esquilino e Celio, e successivamente all’incendio che colpì parte della residenza, venne fatta restaurare dall’imperatore Vespasiano che, come detto, la convertì in una rappresentazione del “dio Sole” e la spostò nell’atrio della Domus Aurea.
Circa l'edificazione della Domus Aurea
, ossia la Casa d’oro, c'è da dire che fu Nerone stesso a voler, di fatto, “privatizzare” buona parte della Roma più antica per utilizzarla a scopo personale, confiscando il Palatino e la collina della Velia, oltre i colli Oppio e Celio, inclusa la vallata dell’odierno Colosseo, per poter creare l’immenso giardino ed erigere gli edifici della propria residenza privata, all’interno della quale vennero organizzate dall’imperatore delle feste meravigliose. Restarono quindi a disposizione del popolo la valle del Foro romano, con le piazze degli attigui Fori di Cesare e di Augusto ed i vicoli stretti e maleodoranti dell’Esquilino.
L’ingresso della gigantesca residenza neroniana era rappresentato dall’attuale Arco di Costantino (vissuto dal 274 al 337 d.C.), la cui primaria edificazione sembrerebbe invece risalire, a fronte di recenti scavi archeologici, al tempo dell’imperatore Adriano (76 - 138 d.C.), mentre al centro dei raffinati giardini imperiali era un grande lago ellittico circondato da portici (lago poi fatto prosciugare da Vespasiano, per mezzo di ingegnosi canali che scaricarono le acque del lago direttamente nel Tevere, a circa un chilometro di distanza, per poter permettere la costruzione dell’Anfiteatro Flavio). Sopra una parte dei portici furono fatte edificare, fra il 79 e l’81 d.C., dal figlio di Vespasiano, Tito, le omonime Terme, delle quali sporgono alcuni robusti pilastri di mattoni dalla scarpata che sovrasta oggi l’ingresso della metropolitana. Poco più oltre, sui resti della sontuosa Domus Aurea, furono realizzate le Terme di Traiano (53 - 117 d.C.).
Nel lago si specchiava la statua di bronzo dorato del Colosso neroniano. Il Colosso era infatti collocato sull’altura della Velia, propaggine orientale del Palatino, accanto ai grandi atrii del vestibolo della casa imperiale. Quando il lago fu sostituito dall’Anfiteatro Flavio fu edificata, tra l’anfiteatro e la salita della Velia, una fontana (chiamata "Meta Sudans"), con una vasca circolare e con un getto al centro dell'alto cono che costituiva la fontana stessa. La struttura basale e lo scheletro interno della fontana rimasero visibili, ed in parte funzionanti, per tutto il medio evo e l’età moderna fino a quando, nel 1936, malgrado gli ulteriori danneggiamenti subiti nel corso dei secoli, fu incredibilmente demolita.

Tre immagini che raffigurano la Meta Sudans e l'Arco di Costantino: una stampa e due fotografie (fonte Fototeca Nazionale) rispettivamente del 1908 e del 1920.

Successivamente, per favorire la creazione del tempio di “Venere e Roma”, la statua del Colosso fu fatta spostare dall’imperatore Adriano, sotto la direzione dell’architetto Demetriano, al fianco dell’Anfiteatro Flavio.
Per spostarla (non coricandola ma trasportandola in posizione verticale) si dice si rese necessaria la forza di ben ventiquattro elefanti.
L'Anfiteatro Flavio, probabilmente, proprio per la vicinanza del Colosso Neroniano, nel corso dell’VIII° secolo, prese il nome di "Colosseo", anche se sull’origine del nome si sono fatte diverse ipotesi: ad esempio il termine potrebbe essere derivato dalle proporzioni "colossali" dello stadio, oltre che alla vicinanza della statua bronzea del Colosso di Nerone, che potrebbe aver indotto il popolo ad acquisire l’abitudine di dire "
ad Colossum eo" = “vado al Colosso”. Per altri, invece, esso deriva semplicemente dal luogo dove sorge il monumento, l'antico "Collis Isei", dal tempio di Iside che era sul vicino Colle Oppio e che dava il nome alla contrada, detta proprio "Iseo". Un'altra fonte fa invece risalire il nome del monumento al culto del dio Sole. Prima del 313 d.C., quando Costantino proclamò come religione ufficiale il Cristianesimo, ci fu un lungo periodo in cui venivano adorate divinità pagane. Per l'influenza del Colosso, raffigurante il dio Sole, il Colosseo venne definito il "Tempio del Sole". Questo si può leggere nei "Mirabilia Urbis Romae", una raccolta di racconti, spesso contrastanti, che narrano leggende e meraviglie di Roma, scritti principalmente dai molti stranieri che rimasero suggestionati dalle meravigile della città. I sacerdoti del culto del Sole, che vivevano nei pressi del "tempio", obbligavano gli stranieri in visita a venerare la statua del Sole. Secondo le credenze popolari, per convincere i più scettici, i sacerdoti avevano imprigionato degli spiriti maligni dentro le statue minori, di cui era ornato il tempio. Queste "presenze" facevano muovere gli occhi dei simulacri e parlavano attraverso le loro bocche. I sacerdoti portavano quindi i soggetti, oramai spaventati, al cospetto della statua del dio Sole, domandando loro: “Colis eum?”, ovvero “Lo adori?”. Da questa pratica sarebbe nato il nome Colosseo.


Il Colosso, una volta sistemato nei pressi dell’Anfiteatro Flavio, poggiò su un basamento di costruzione laterizia rivestito di marmo, come si è potuto apprendere da scoperte fatte recentemente (o di bronzo, come attestano fonti minori). Attualmente è ancora visibile l’antico basamento di tufo sul quale era collocata la statua.

Una fotografia dell'inizio del '900 raffigura gli scavi presso il Colosseo: davanti gli archi dei portici, del sovrastante Tempio di Venere e Roma, si possono notare i resti del basamento quadrato del Colosso neroniano.

In realtà il Colosso mutò “fisionomia” diverse volte, assumendo, volta per volta, i lineamenti dell'imperatore di turno. L’ultima versione della statua volle rappresentare il dio Sole, con la vistosa raggiera attorno alla testa.
Neanche un secolo dopo Adriano, Caracalla (o Commodo, secondo altri) gli fece adattare i lineamenti ai propri, togliendo la raggiera ed aggiungendovi una clavaclava ed una pelle di leone: il Colosso vestì quindi anche i panni di Ercole. Ma successivamente venne restaurato e riprese i connotati del dio Sole.


Il Colosso era ancora integro nel V° secolo d.C. ma pare che Papa Gregorio Magno (540 - 604 d.C.), non potendo sopportare la presenza di questo simbolo pagano, lo fece smontare e fondere.

Alcune cronache dei secoli scorsi riportano che il 6 giugno il Colosso veniva incoronato, cioè addobbato con ghirlande di fiori, come attesta anche Charles-François Dupuis, a pagina 242 del suo “Origine des tous les cultes”, Parigi, Louis Rousier, 1836.

L'Arco di Costantino, la Meta Sudans, il Tempio di Venere e Roma, il Colosso di Nerone e il Colosseo.


01 marzo 2010

PASSEGGIATA A PIAZZA NAVONA E DINTORNI

E' un po' troppo tempo che non vi regalo una passeggiata alla scoperta di un po' di angoli di Roma, lo ammetto.
Cercherò di farmi perdonare con una bella giratina turistica a Piazza Navona, passando per Sant'Ivo alla Sapienza, Via della Scrofa, ed il Pantheon. Siete pronti ? Allora si va !...


Un lampadario di Palazzo Altemps
Il cervo della Chiesa di Sant'Eustachio
La Fontana dei Libri in Via degli Staderari
Il Pantheon
E la Trattoria della Rosetta
(legata ad un celebre, ma qui impronunciabile, detto romanesco)
Piazza della Maddalena
Sacro e profano a Sant'Eustachio
Un lampione molto particolare
Così come questi balconcini
Il fantastico campanile della Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza (del Borromini)
Il bassorilievo della "scrofa": un tempo appartenente all'omonima fontana,
che da anche il nome alla strada
Il portone della Biblioteca Angelica, in Via dei Portoghesi
Sant'Antonio dei Portoghesi
L'insegna di una attività commerciale ora rimpiazzata
"Callarostari" (venditori di castagne arrosto) a Piazza Navona

Non poteva mancare la "MaGGica"
Una delle ultime "Botticelle" romane
Una figurante
Particolari della Fontana del Nettuno
Amenità (o complesso di Peter Pan ?)
La colomba (simbolo della famiglia Pamphilj) in cima all'obelisco della Fontana dei Fiumi
In giro per Piazza Navona
Particolari della Fontana de Fiumi, del Bernini
La personificazione del "Rio de la Plata" si "protegge"
dalla "imminente" caduta della chiesa di Sant'Agnese in Agone, del Borromini.
Questa trovata di scherno si dice fosse stata studiata dal Bernini, al tempo in accesa rivalità artistica con il Borromini, ma la fontana risale al 1651 mentre un primo progetto della chiesa è successivo (della fine del 1652): quindi quanto sopra risulta soltanto una leggenda metropolitana.
Purtroppo i vetri di protezione, essendo in corso un restauro della fontana, non permettono di fotografarla al meglio, ma alcuni splendidi dettagli si riescono a distinguere comunque bene.
Il "tappone" del fontanone
La personificazione del Nilo ha il capo velato perchè all'epoca della progettazione della fontana le sorgenti di questo fiume non erano ancora state scoperte (la fontana è del 1651 mentre la definitiva scoperta delle sorgenti del Nilo risale addirittura al 1934)
Altri particolari della Fontana dei Fiumi
Altri figuranti
Un fantastico cow-boy "di bronzo"
Non ci siamo risparmiati nulla: neanche una manifestazione per far conoscere le malattie rare
Tornando verso Largo dell'Argentina