23 dicembre 2010

ROMA CURIOSA: ER NOCCHILIA

Una delle tante leggende romane riguarda "Er Nocchilia", un personaggio fantastico, in realtà più un mostro antropomorfo, che sarebbe nientemeno che la personificazione "unificata" del patriarca (padre di Matusalemme nonché bisnonno di Noè) Enoch e del profeta Elia.
Questi due personaggi biblici, nel corso dei secoli, sono stati addirittura "fusi", nelle dicerie e nelle leggende del popolo romano, in un unico essere, come dice il suo stesso nome che, citato perfino dal poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli nel suo sonetto "La fin der Monno", tornerà in vita per combattere, alla fine dei tempi, l'Anticristo.

Come saranno ar monno terminate
le cose c'ha ccreato Ggesucristo,

se vederà ussci' ffora l'Anticristo

predicànno a le ggènte aridunàte.

Vierà ccor una faccia da torzate,

er corpo da ggigante e ll'occhio tristo:
e pper un caso che nun z'è mmai visto,
nasscerà da una monica e dda un frate.

Poi, pe' combàtte co' 'sta bbrutta arpia,

tornerà da la bbùscia de San Pavolo *
dopo tanti mil'anni er Nocchilia.

E, appena usscito da l'Inferno er diavolo

a spartisse la ggente cor Messia,
resterà er Mònno pe' sseme de cavolo.

(Giuseppe Gioachino Belli - 25 Novembre 1831)


* Secondo la leggenda del popolo romano Enoch ed Elia ("er Nocchilìa") usciranno da una "buca" situata (o, meglio, che si formerà) nei pressi della Basilica di San Paolo Fuori le Mura.
Lo stesso Belli, infatti, annota a margine del suo sonetto: "Credenza romanesca, che da un buco, sconosciuto, presso la Basilica di San Paolo usciranno Enoc(h) ed Elia, chiamati dal popolo con un solo vocabolo "er Nocchilia"".


In realtà, come già riportato nella descrizione della Festa di San Giovanni, altre credenze ritenevano che il Nocchilìa "dormisse" sotto la Scala Santa, appunto nei pressi della Basilica di San Giovanni in Laterano, e non nei pressi di San Paolo, ed è per questo che la festa doveva svolgersi, per tradizione, con gran partecipazione di popolo ma senza troppi schiamazzi, per non svegliare "er Nocchilia" ed anticipare, così, la fine del mondo... Cosa pressochè impossibile conoscendo il popolo romano e considerando che durante la festa di "San Giovanni de Giugno" la gente accorreva nelle osterie allestite nella piazza della basilica per mangiare le lumache in umido (che, con le loro corna, simboleggiavano il Diavolo e che, venendo mangiate, lo esorcizzavano, permettendo a chi aveva avuto, nel corso dell'anno, motivi di screzio, di far pace, facendo trionfare la concordia), per vedere i fuochi, per ascoltare le note ed i canti dei "carciofolari abruzzesi" (complessini composti da due arpe, un violino ed un triangolo), per giocare con le "spighette" per scacciare le streghe "di passaggio" in viaggio verso il noce di Benevento e, non da ultimo, per ubriacarsi e darsi alla pazza gioia (anche dal punto di vista sessuale).
Se poi si pensa che dal 1891 al 1931 in concomitanza con la Festa delle Lumache, sulla piazza della basilica, si è svolto il Festival della Canzone Romana, siamo veramente al parossismo.

Tra l'altro, come vedremo, San Giovanni Apostolo, Enoch ed Elia non vedranno mai la morte poichè saranno direttamente "assunti in cielo" da Dio. E questo è un ulteriore legame, tra i tre personaggi, che ci fa pensare ad una "licenza poetica" del Belli quando si riferisce alla Basilica di San Paolo piuttosto che a quella di San Giovanni.
Perfino Gigi Zanazzo ci fa una descrizione particolareggiata del luogo in cui si troverebbe il Nocchilìa:

"In de la cappèlla grànne de la Scala Santa, si guardàte per aria a ddritta de l'artare maggiore, vvèdèrete du' ferate indorate. Mbe' llì drento, da sì ch'er mònno è mònno, ce stanno rinchiusi li profeti "Nocche e Llia".
Gnisuno cià ppotuto mai vèdècce drento, perchè cchi ss'azzarda da entracce, mòre subbito, mòre. Anzi un papa che cc'ebbe l'arditanza de guardàcce drento, ammalapèna ce provò arimàse cèco. E si nun era papa sarebbe morto de nètto.
Dice che queli du' profeti, Nocche e 'Llia, staranno chiusi lì ddrento insinenta che ar Signore nu' je pijerà ll'estro de fa' vveni' la fine del mònno. Quanno sarà, allora usciranno de fòra, e sse metteranno a ppredica' e a profetizza' ch'er mònn sta ppe' ffini', che bbisogna fa' ppinitenza e nun bbisogna che li cristiani dieno udienza a ll'Anticristo, che ppuro lui, in quer frattempo, se metterà a predica' ppe' tutte le piazze".


La curiosissima unione dei due personaggi in un unico essere soprannaturale, in fondo, non è tanto campata in aria in quanto entrambi i personaggi biblici, Enoch ed Elia, hanno avuto la stessa sorte: di Enoch nelle sacre scritture ne troviamo addirittura due ed entrambi possono aver dato il loro contributo alla leggenda romana. Il nome Enoch, infatti, significherebbe "sacrificio" e starebbe ad indicare i sacrifici rituali che venivano effettuati in occasione della fondazione di una città, in modo che il fantasma della vittima la infestasse opponendosi a qualunque nemico. Il secondo Enoch, però, è quello che maggiormente ci interessa in quanto, padre di Matusalemme e bisnonno di Noè, non morì (tra l'altro alla veneranda età di 365 anni, ragione per la quale può essere paragonato all'anno solare e, come tale, può darsi che il personaggio biblico sia stato ispirato da una pagana divinità solare precedentemente venerata) ma fu direttamente "preso in cielo", secondo quanto riportato nel "Libro della Genesi" (5, 21-23):


"Enoch visse in tutto 365 anni, e camminò con Dio, poi non fu più veduto perchè Iddio lo prese"


Ed ancona, nel "Nuovo Testamento":

"Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte: e non lo si trovò più perchè Dio lo aveva portato via. Prima infatti di essere trasportato via ricevette la testimonianza di essere stato gradito a Dio".

Addirittura Ludovico Ariosto, nel suo "Orlando furioso", cita Enoch facendolo incontrare, nel Paradiso Terrestre in compagnia di San Giovanni Evangelista (anche lui assunto in cielo, come solo a Gesù successe, per volere divino), al Paladino Astolfo:

"Quivi fu assunto, e trovò compagnia,
che prima Enoch, il patriarca, v'era;
eravi insieme il gran profeta Elia,
che non han vista ancor l'ultima sera..."

Questo particolare dell'assunzione diretta in cielo lo ritroviamo anche per il Profeta Elia, così come riportato nel "Libro dei Re" (Libro 2, 11):

"Elia salì nel turbine verso il cielo su di un carro di fuoco e cavalli fiammeggianti".

Ora non ci resta che vivere così a lungo tanto da ...vedere come va a finire.