19 marzo 2014

PERSONAGGI DI ROMA - GUSTAVO CACINI: IL PADRE DEI COMICI DI AVANSPETTACOLO

Nato a Roma nel 1890, Gustavo Cacini fu uno dei maggiori rappresentanti romani del teatro di varietà ed avanspettacolo (lo spettacolo comico teatrale che accompagnava, soprattutto nei fine settimana, le proiezioni dei film nei cinematografi, e di cui furono grandi rappresentanti anche Totò, Nino Taranto ed Erminio Macario).
Tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta del Novecento, il “Cinema Campidoglio” (poi ribattezzato “Centrale”), nei pressi di Piazza del Gesù, fu uno dei primi ad affiancare alla proiezione cinematografica un intrattenimento di rivista, affidandolo proprio a Cacini ed alla sua compagnia teatrale.
E proprio al Cinema Campidoglio avvenne il fatto che rese celebre il comico, e che venne successivamente narrato da Federico Fellini nel suo film “Roma”: nel bel mezzo di una gag teatrale, dalla galleria del teatro, venne lanciato sul sipario, in direzione di Cacini, un gatto morto. Il lancio fu accompagnato da una voce anonima che, nel buio, gridò: Bècchete ‘sta gattata!”, tra l’ilarità del pubblico presente.
Cacini non si perse d’animo e, chiedendo di illuminare la sala, raccolse il gatto morto e, tenendolo in grembo, lo accarezzò rivolgendosi al pubblico della galleria dicendo: Pòra bestia… Ma nun era mejio che de sotto te ce buttavi  te?” E, dopo una pausa “teatrale”, al culmine del pathos, aggiunse: E dopo va’ a da’ torto ar vicinato, che fa tutte quelle chiacchiere su tu’ madre!” Il teatro venne giù in un applauso, decretando il trionfo del comico sull’anonimo lanciatore di gatti.



Di corporatura esile e di aspetto smunto, oltre che caratterizzato da un forte strabismo, Cacini era solito, come abbiamo appena visto, provocare il pubblico con atteggiamenti da bullo, battute pesanti ed altrettanto pesanti doppi sensi; ed in questo, a dire la verità, fu uno dei migliori nel suo campo, poiché c’è da dire che il pubblico romano del tempo sapeva essere veramente truce e, più di una volta, si sfiorò la rissa tra spettatori e comico. 
In effetti era, molto spesso, proprio questa competizione tra gli spettatori e il comico sulla scena, il motivo che spingeva il pubblico ad assistere agli spettacoli di rivista e avanspettacolo, ed in genere i comici erano spesso costretti ad una veloce ritirata dietro il sipario, in quanto bersagliati da verdure e uova marce lanciate dalla platea e dalla galleria.
In questo suo atteggiamento da bullo, Cacini era aiutato dalla sua gestualità esasperata, dalla caratteristica voce profonda e da un abbigliamento molto simile a quello del “primo Totò”: un lungo frac, con calzoni che non arrivavano alle caviglie, e scarpe spropositatamente grandi.



Pur essendo, come detto, mingherlino, il numero che gli diede maggior fama fu la caricatura, ovviamente in chiave tragicomica e spavalda, dell’enorme pugile friulano Primo Carnera, famosissimo in Italia e, soprattutto, in America nei primi decenni del ‘900.



Cacini agì sui palcoscenici dei maggiori teatri di Roma e della sua periferia: dal “La Fenice” al “Trianon”, dal “Romano” (a Campo de’ Fiori), all’”Arenula”, dall’”Ottaviano” allo “Jovinelli” (poi “Ambra  Jovinelli”, nel 1928, quando ancora si chiamava “Cinema/teatro Principe”), al “Volturno” o al “Morgana” (l’attuale teatro “Brancaccio”), fino all’estrema periferia romana ed ai Castelli.
Oltre i monologhi satirici, accompagnato dalla sua compagnia teatrale “Il Treno Rosa”, composta da “12 splendide gambe 12” ovvero “6 affascinanti girls 6”, come si diceva al tempo, deliziava la platea con canzoncine farcite all’inverosimile di doppi sensi:

O che frutto saporito è la banana,
o che frutto delizioso è la banana,
la banana fa …ingrassar

Oppure

Ecco perché
vicino a te
c’è un non so che…
Me sento ‘na scossa
l’affare s’ingrossa,
sai dìmme che d’è?”

E la soubrette di turno gli rispondeva:

Poi nascono i figli.
So’ come i conigli…
Ma tu che me dici,
co’ pane e radici
me devo sfama’”.

La sua ultima apparizione fu nello spettacolo di Garinei e Giovannini, “Soffia so…”, al teatro “Quattro Fontane”, nel 1945, accanto ad Anna Magnani
Pochi anni prima Cacini aveva citato in giudizio, per plagio (vincendo la causa ed ottenendo il riconoscimento dei diritto d’autore), il Maestro Mario Ruccione, in quanto il refrain della sua celeberrima marcetta fascista “Faccetta nera”,  era esattamente identico al motivetto (dal titolo “La vita è comica, presa sul serio, perciò prendiamola come la va…”) che veniva suonato all’inizio degli spettacoli della compagnia “Il Treno Rosa”, del Cacini stesso.
Spesso i suoi sketch terminavano con la frase (ripresa poi, molti anni dopo, anche da Enrico Montesano): L’ho prese, si; ma quante gliene ho dette!”.  Un po’ come Totò, che chiudeva una delle sue gag più famose, in cui un energumeno sconosciuto gli mollava ceffoni a raffica, avendolo scambiato per un fantomatico Pasquale”: “E che m’importa? Che so’ Pasquale, io?”.
Ai tanti improperi indirizzatigli dal pubblico, Cacini era solito rispondere: Strillate, strillate pure: l’importante è che si parli di me!”
E, in effetti, di Cacini, a quasi cinquant’anni dalla morte, ancora si parla: a Roma è molto frequente udire qualcuno pronunciare la frase: E chi sei? Cacini?” o "E' arivàto Cacini", per far notare a qualche sbruffone che sta dicendo delle balle troppo grossolane perché possano essere vere e degne di considerazione. 
Anticamente esisteva un’espressione simile: si diceva, infatti, E chi sei? Brega?”, ad indicare, con il nome Brega, un perfetto sconosciuto.
Anche Alberto Sordi  conobbe Cacini sulle tavole dei palcoscenici romani ed a lui si ispirò, in parte, per il personaggio di Nando Mericoni nel film “Un americano a Roma”, quando il giovane romano, con ambizioni teatrali da “Santibailor – american attraction”, ad una forte pernacchia indirizzatagli dopo la chiusura di un numero cantato e ballato in un teatrino di avanspettacolo, rispose allo spettatore con la non velata frase: Ormai hai ventun’anni: è tempo che tu sappia di chi sei figlio!” Frase che, molto probabilmente, Sordi sentì pronunciare allo stesso Cacini in una delle sue tante serate di avanspettacolo.
Al cinema Cacini interpretò dei piccoli ruoli nei film “L’ultima carrozzella” (1943, di Mario Mattoli, Aldo Fabrizi e Federico Fellini, con lo stesso Fabrizi, la Magnani, Tino Scotti e Romolo Balzani); “Se fossi deputato” (1949, su sceneggiatura di Metz e Marchesi, con Nino Taranto, Marisa Merlini, Billi e Riva) e “Porca miseria!” (1951, tratto da una commedia di Eduardo De Filippo, con Carlo Croccolo, Isa Barzizza, Carlo Campanini, Billi e Riva, Giacomo Rondinella e Tina Pica). 
A Cacini, morto a Nettuno, dove si era ritirato, nel 1969 è stata intitolata una strada nella periferia romana di Casal Bernocchi, lungo la via Ostiense.

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